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Consenso informato: il report del convegno di Padova

“Medico o avvocato?”. È questa la prima domanda che ha accolto al loro arrivo i partecipanti del convegno “Consenso al trattamento e tutela della Salute: una relazione complessa”, svoltosi lo scorso 14 dicembre a Padova. Medici e avvocati, per l’appunto, chiamati dai rispettivi Ordini professionali ( nonché dal Dipartimento di Diritto Comparato dell’ateneo patavino, che ha collaborato alla realizzazione dell’evento) a confrontarsi su uno dei temi chiave della bioetica: quel diritto all’autodeterminazione del paziente che tanti interrogativi pone sia da un punto di vista terapeutico che legale.

Un quadro complesso, dunque, in cui medici e avvocati oggi devono riuscire a muoversi, evitando da un lato la “trappola” della violazione delle norme deontologiche, dall’altro quella – ben più pericolosa – del reato penale. Dopo i saluti di rito, la parola è passata ai relatori della sessione mattutina del convegno: Guido Alpa, professore ordinario di Diritto Civile dell’Università di Roma e presidente del Consiglio Nazionale Forense, Roberto Pulcella, professore associato di Diritto privato dell’Università di Bergamo e avvocato in Padova, Giacomo Travaglino, Consigliere della 3a Sezione Civile della Corte di Cassazione.

A rappresentare la componente medica era presente Maurizio Benato, presidente dell’OMCeO di Padova e vicepresidente della FNOMCeO, che è intervenuto sul tema “Consenso informato: una svolta nell’etica medica”. Benato è partito dall’osservazione che “i cambiamenti nella società a cui abbiamo assistito a partire dalla seconda metà del secolo scorso hanno modificato profondamente il rapporto tra medico e paziente”. Sono entrate così in crisi la deontologia e la stessa etica medica, divenute incapaci di fornire risposte adeguate ai professionisti della salute: da qui la nascita della bioetica, disciplina che – ha spiegato il vicepresidente FNOM – “affronta i problemi etici connessi ad una nuova organizzazione della Sanità, in cui lo Stato è presente in prima persona per garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini. Un diritto che prima del secolo scorso non veniva riconosciuto come tale”. Ed è su tale assunto che si innesta l’empowerment del paziente moderno, che “vuole e deve essere informato e partecipe delle decisioni mediche che lo riguardano”, come ha ricordato Benato, citando la Carta dei Diritti del Paziente del 1973.

Il presidente dell’Ordine di Padova si è, quindi, soffermato sulle tre stagioni dell’etica medica – pre-moderna, moderna, post-moderna (quest’ultima “in divenire”, secondo Benato) – evidenziando come in ciascuna di esse muti non solo la definizione di ciò che è buona medicina, ma anche l’atteggiamento del paziente, il rapporto che si instaura tra medico e malato, il percorso attraverso cui vengono prese le decisioni di cura e i principi stessi su cui si fonda la relazione terapeutica.

Quanto alla definizione di buona medicina, Benato ha sintetizzato in una domanda fondamentale la prospettiva di ciascuna fase: da “quale il miglior trattamento a beneficio del paziente?” (epoca pre-moderna) a “quale il trattamento che rispetta i valori del paziente?” (moderna) per giungere, infine, a “quale trattamento ottimizza l’uso delle risorse e soddisfa le richieste del paziente? (post-moderna). Stessa schematizzazione anche per individuare il modo in cui è cambiato l’atteggiamento del paziente, prima “obbediente” (epoca pre-moderna), quindi, sempre più “partecipe” (moderna) fino alla trasformazione in “paziente-cliente” (post-moderna).

Alla luce di tale evoluzione, è mutato anche il rapporto tra medico e malato: dalla “alleanza terapeutica” (epoca pre-moderna) alla “partnership professionista-utente” (moderna), che sfocia poi nel rapporto “azienda-cliente” (post-moderna). In questo quadro, sono diversi anche i soggetti e il modo in cui vengono prese le decisioni riguardanti le cure da adottare: se prima era il medico a stabilire come procedere (epoca pre-moderna), oggi egli condivide tale decisione con il paziente (moderna), ma l’indirizzo futuro sembra essere quello di una negoziazione tra équipe dell’azienda che eroga la prestazione e malato (post-moderna).

In ultimo, come detto, cambiano i principi cardine su cui si fonda la relazione terapeutica. Dalla “beneficialità” dell’epoca pre-moderna (in cui il paziente “chiedeva aiuto” al medico) alla “autonomia” della fase moderna, nella quale va rispettata la libertà di scelta del paziente, che, in un certo senso, utilizza il sapere del medico. La direzione finale di questo percorso è il principio di “giustizia” che si afferma come totem post-moderno, nella consapevolezza che “la salute non ha prezzo, ma ha un costo…”, come ha sottolineato Benato. Perché se oggi l’assistenza sanitaria è un bene che spetta a tutti i cittadini, “in futuro il diritto alla salute sarà condizionato sempre di più dalle risorse disponibili”.

Partendo dalla definizione contenuta nella Convenzione di Oviedo del 1997 (documento recepito dal Parlamento italiano), Benato ha, quindi, evidenziato come il concetto di “consenso informato” apra necessariamente lo spazio per diverse riflessioni: su tutte, quella che nasce dalla domanda “che cos’è/chi è persona umana?”. Il dibattito, scientifico e non, rimane aperto, ma è indubbio che ormai sia “centrale il ruolo e il rispetto delle scelte del paziente”, un principio riconosciuto anche nell’articolo 38 del Codice di Deontologia Medica. Il vicepresidente della FNOM ha poi concluso il suo intervento con l’auspicio che i camici bianchi riescano a “ricomporre quella frattura con la società creatasi nella seconda metà del XX secolo, per riuscire ad esercitare di nuovo una Medicina che sia davvero al servizio di tutti”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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