Il Consiglio di Stato ha affermato che la circolare del Ministero della salute in merito alla gestione domiciliare dei pazienti Covid non limita la libertà del medico. In altri termini le indicazioni terapeutiche pubblicate dal Ministero della salute non contengono prescrizioni vincolanti per i medici e non hanno un effetto precettivo cogente. Tale circolare ministeriale del 26 aprile 2021 si limita infatti a raccogliere le indicazioni degli organismi internazionali, i pronunciamenti delle autorità regolatorie e gli orientamenti di buona pratica clinica asseverati dagli studi nazionali ed internazionali, al fine di fornire a tutti gli operatori interessati un quadro sinottico di riferimento. La suddetta circolare ministeriale non impone divieti o limitazioni all’utilizzo di farmaci, bensì si limita ad indicare, con raccomandazioni e linee di indirizzo basate sulle migliori evidenze di letteratura disponibili, i vari percorsi terapeutici, a seconda del ricorrere di specifiche condizioni. Le raccomandazioni contenute nelle Linee guida in ambito sanitario – ad es. la legge Gelli – rispondono a livello internazionale e nazionale all’esigenza di individuare una strategia terapeutica comune e condivisa, che consenta al medico di fare proprie le acquisizioni scientifiche e le esperienze cliniche diffuse e condivise, che hanno dimostrato un profilo di efficacia e sicurezza largamente acclarato a livello scientifico nella cura di una patologia, e sono cresciuti di pari passo, come bene è stato osservato, con l’affermarsi della medicina basata sull’evidenza, ma non esimono il medico dal dovere di costruire una terapia condivisa e ritagliata sulle esigenze del singolo paziente, anche adottando terapie non indicate nelle linee guida o nei protocolli, purché sicure ed efficaci. In ciò si manifesta la differenza tra le regole deontiche, cogenti sul piano giuridico, e le regole tecniche (o anancastiche), queste ultime ritenute superabili dal medico, nel doveroso esercizio della propria autonomia professionale, perché si basano su ragioni determinabili e valide per essere costruite sull’esperienza più qualificata, che può essere superata dalle peculiarità del quadro clinico, essendo la giustificazione pratica sottoponibile a controllo empirico. In caso di mancata adesione alle indicazioni contenute nella circolare ministeriale, la sentenza spiega come lo stesso art. 5, comma 1, della l. n. 24 del 2017 (legge Gelli) prevede che il medico si attenga ad essi, salvo la specificità del caso concreto e il successivo art. 6 ammette l’esclusione della punibilità nel caso in cui l’evento lesivo o mortale in danno del paziente si sia verificato a causa di imperizia del medico quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, purché queste risultino adeguate alle specificità del caso concreto. La giurisprudenza della Corte di legittimità è chiara nell’affermare che il rispetto delle linee guida non può essere univocamente assunto quale parametro di riferimento della legittimità e di valutazione della condotta del medico e nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all’autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura del paziente. Pertanto, non può dirsi esclusa la responsabilità colposa del medico in riguardo all’evento lesivo occorso al paziente per il solo fatto che abbia rispettato le linee guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone.
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