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Convegno SIMI Triveneta il 17 aprile: interverrà anche Maurizio Benato

Appuntamento a Padova il 17 aprile
La medicina interna nel contesto attuale al Convegno SIMI del Triveneto

Sarà un congresso indirizzato ai medici internisti ospedalieri e universitari, ai medici di medicina generale, e agli specialisti di area medica, interessati all’approccio olistico al paziente e al metodo proprio della Medicina interna, quello che si terrà a Padova il prossimo 17 aprile promosso dalla Sezione Triveneta della Società Italiana di Medicina Interna.

L’iniziativa culturale, sul tema La medicina interna nel contesto attuale, avrà luogo presso l’Aula Morgagni del Policlinico Universitario con il patrocinio dell’Università di Padova, della FNOMCeO e dell’Azienda Ospedaliera  ULSS 16 di Padova.

"Dopo Bolzano, Udine, Verona, e Bassano – ha dichiarato il prof. Giuseppe Realdi, Presidente della Sezione della SIMI –  il congresso della Triveneta ritorna a Padova, sede di una delle più antiche e prestigiose Università e del primo insegnamento clinico al mondo, tenuto presso l’Ospedale di San Francesco Grande da professori dello Studio Patavino, fin dalla metà del ‘400. Esso vuole riproporre come tema centrale il ruolo e la mission della Medicina interna e dei Medici internisti nella realtà culturale, didattica e professionale attuale, con le ripercussioni e le ricadute che esse hanno nell’ambito della ricerca scientifica, dell’insegnamento clinico e dell’assistenza globale al malato.
Nel convegno si porrà particolare attenzione alla mutata epidemiologia delle patologie oggi osservate negli ospedali e nel territorio. Si tratta infatti di malattie prevalentemente croniche – ha aggiunto Realdi – caratterizzanti quello che già in convegni precedenti della Società Triveneta abbiamo definito come “i nuovi malati”: sono malati con polipatologie, di solito di età superiore a 70 anni, con forte tendenza alla fragilità, e con periodiche riacutizzazioni di una o più delle patologie croniche da cui sono affetti, prevalentemente patologie cardiovascolari o metaboliche o neurodegenerative o respiratorie o neoplastiche. Questi pazienti esprimono una complessità clinica che richiede specifiche competenze ed esperienze, in quanto l’entità nosologica da essi manifestata non è da considerare in maniera semplicistica come la somma di differenti patologie, ma una entità superiore e unitaria che richiede una valutazione globale del malato e delle sue condizioni biologiche, psichiche, familiari e sociali".

Al convegno prenderà parte il presidente OMCeO di Padova, Maurizio Benato, con una relazione su “ I rapporti dell’ospedale con il territorio”.

"L’ aumento esponenziale della popolazione anziana, fenomeno che accresce il numero delle patologie cronico-degenerative, l’intenso e vorticoso divenire del progresso scientifico e tecnologico,  l’aumento progressivo e consistente delle aspettative di salute indotto anche dai media hanno, di fatto,  trasformato il sistema socio-sanitario" ha affermato Benato. "Tale scenario rende pertanto necessaria e non più differibile la riforma del sistema socio-sanitario e dei modelli assistenziali, che preveda la modernizzazione e  l’innovazione organizzativa nei rapporti con il cittadino, nelle relazioni con il territorio e la ristrutturazione e riqualificazione delle reti ospedaliera ed extraospedaliera".

Presidente Benato, in questa riforma del sistema che ruolo dovrà ricoprire il medico di medicina generale ? 

È ormai convinzione diffusa che il futuro della sanità sia sempre di più proiettato sul Territorio con riconoscimento di un ruolo importante e specifico – ma limitato nella sua dimensione – dell’Ospedale, con la valorizzazione dell’assistenza primaria (medici di medicina generale, pediatri ecc.) nel ruolo cardine del futuro dell’assistenza.
Per rispondere a tale prospettiva ci si deve  impegnare nell’attuazione di una ineludibile inversione, sotto il profilo sia programmatorio che operativo, del processo assistenziale alla persona, che  concretizzi la continuità assistenziale e una rete a forte integrazione socio-sanitaria per mezzo dell’assistenza domiciliare e ambulatoriale, dell’assistenze residenziale extraospedaliera e dell’assistenza  residenziale ospedaliera.
Oggi la media degli accessi al "Servizio Medicina Generale" erogato dal medico di famiglia con 1.500 assistiti (massimale di scelte) sono circa undicimila l’anno di cui circa seimila a carattere medico e cinquemila di tipo infermieristico. Le prestazioni per nuovi problemi sono circa il 24,50% del totale. Ci sono più di  ottomila prestazioni per situazioni e malattie già diagnosticate, in cui rientrano controlli di malattie acute che esiteranno in guarigione, ma anche prestazioni reiterate per malattie ad andamento cronico.
Emerge chiaramente che il medico di medicina generale si trova oggi ad affrontare una Patologia Medica diversa da quella insegnata nel corso di laurea e che ha dovuto imparare a gestire sul campo con un processo di formazione continua che non trova pari nelle altre branche mediche. La Medicina Generale è una disciplina autonoma con i suoi tempi, le sue modalità di intervento, i suoi strumenti diagnostici, i suoi contenuti precisi e concreti, che non possono essere delegati perché non trovano competenze nel settore specialistico accademico. Per questo la medicina generale è, di fatto,  un “primo livello” e  non è un “filtro” se non per quelle forme morbose che necessitano di abilità e conoscenze particolari.

Quali sono a suo giudizio le strategie per ottimizzare il rapporto territorio–ospedale e la reciproca  integrazione?

L’integrazione trova la sua ragion d’essere principale all’interno di un orizzonte di qualità dell’assistenza, che dovrebbe enfatizzare la promozione della salute e la prevenzione, essere fornita in maniera tempestiva, basarsi su accettabili principi scientifici, essere fornita con attenzione al benessere del paziente.
Occorre quindi una appropriatezza organizzativa per permettere che l’erogazione di una data prestazione possa essere soddisfatta con un minore impiego di risorse  e con il permanere di  identico beneficio per il paziente.
Secondo l’OMS, la continuità delle cure è uno degli indicatori più sensibili del buon funzionamento di un Servizio Sanitario, perché aggiunge al tradizionale concetto di cura quello della presa in carico del paziente dai diversi livelli della rete assistenziale tra territorio e ospedale.
L’integrazione richiede pertanto la costituzione di centri cure intermedi  intesi quali  sedi di servizi integrati, sanitari e sociali – domiciliari, residenziali e semi-residenziali,  finalizzati a garantire la continuità assistenziale dopo la dimissione ospedaliera. Il rafforzamento di questa area assistenziale può favorire inoltre le prevenzione dei ricoveri non necessari e/o impropri.

Anche la rete ospedaliera dovrà  essere interessata da questa opera di revisione del servizio sanitario …

Credo che la rete ospedaliera necessiti di una ridefinizione attraverso  il superamento dell’eccesso di strutture che erogano i medesimi servizi, una situazione inefficace quanto a risultati e dispendiosa per quanto riguarda le risorse assorbite.
Fondamentale è la definizione del modello di ospedale dei prossimi decenni, modello che da un lato deve essere in grado di rispondere compiutamente e completamente agli indispensabili criteri di sicurezza e principi di qualità delle prestazioni erogate e, dall’altro, essere in possesso dei requisiti/standard strutturali, organizzativi e funzionali previsti dalla specifica normativa.
In particolare occorrerà prevedere ospedali per acuti con urgenze con le elevate tecnologie e competenze professionali e di contro  centri per le cure di patologie croniche a forte integrazione socio-sanitaria con sedi più diffuse territorialmente.

(in allegato il programma del convegno)

Autore: Redazione FNOMCeO

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