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Cooperazione sanitaria internazionale: come cambiano Medicina (e medico) “in terra di missione”

Si è svolto lunedì 26 giugno a Torino un incontro dibattito con l’intervento di medici di varie specialità (tra cui gli odontoiatri) reduci da esperienze di medicina solidale in Africa.

In Italia nella cooperazione sanitaria internazionale i medici della provincia di Torino sono tra i più impegnati. Sono moltissime le organizzazioni onlus che li vedono attivi (quasi sempre in silenzio) anche in scenari di guerra: ad esempio il Sud Sudan. Un’attività frutto senz’altro di alta sensibilità culturale e sociale ma caratterizzata anche da un alto profilo deontologico e da una concezione della professione di medico che a volte non è sufficientemente valorizzata nel nostro Paese.

Infatti i medici italiani, soprattutto se dipendenti o convenzionati, si lamentano spesso dei numerosi “lacci e laccioli” che appesantiscono l’attività clinica a scapito del dialogo e (talvolta ) dell’assistenza al malato. Affermano (specie i medici di famiglia) di sentirsi talvolta loro malgrado dei “burocrati della salute”, pur ammettendo in linea di principio l’indispensabilità dei alcune incombenze da osservare nell’esercizio della medicina pubblica.

Cosa avviene allora, quando il medico e il dentista sono chiamati ad esercitare la professione “oltre i patri confini”, in aree dove tali formalità si attenuano o addirittura si annullano? Quali mutamenti intervengono dal punto di vista tecnico pratico, ma anche personale, nell’esercizio della professione?

Molti dicono di ritrovare slancio professionale nel rapporto col paziente: una sorta di ritorno alle origini tanto più soddisfacente data anche la crescente conflittualità che caratterizza in Italia il rapporto medico- paziente (al punto da provocare la recente entrata in vigore del Decreto, cd. Gelli/Bianco, sulla responsabilità medico-sanitaria). Tale rapporto (su cui si fonda l’esercizio della Medicina) appare in Italia talvolta problematico e spesso faticoso.

Per approfondire tali aspetti è stata organizzata in collaborazione con l’Ordine dei Medici di Torino una Tavola Rotonda, alla quale hanno preso parte Daniele Bollero (chirurgo plastico), Bruno Frea (urologo) e Giancarlo Vecchiati, medico odontoiatra, conosciuto anche per essere l’anima della COI, ossia la “Cooperazione Odontoiatrica Internazionale” che organizza corsi per volontari diretti in “missione”. Perché come è emerso durante il dibattito, occorrono certamente entusiasmo e capacità di fare, ma non bastano. Nella sua veste ufficiale di Presidente dell’Ordine è interventuto Guido Giustetto, medico di famiglia, che ha portato anche una testimonianza diretta di una Medicina esercitata in una “terra di missione” (Sudan) dove da decenni è in corso una guerra, con tutti gli enormi problemi che questo comporta.

Avendo tutti esercitato la medicina nell’ambito delle loro specialità in vari ospedali e aree difficili dell’Africa, ognuno ha potuto dare una risposta adeguata agli interrogativi di fondo che ispiravano l’evento. Hanno unanimemente ammesso di avere ritrovato lo slancio e il piacere di fare la professione, trovandosi d’accordo anche sul fatto che alla base di ogni iniziativa di solidarietà occorre vi sia una retta comprensione dell’elemento antropologico, ossia della cultura dei pazienti locali. Non una Medicina “imposte” ma rispettosa di usi e tradizioni magari inconcepibili agli occhi di un medico del “Primo Mondo”.

Il principio vale ovviamente anche per l’Odontoiatria, dove non sempre un dente fratturato, ha riferito Vecchiati, viene trattato ad es. come lo sarebbe a migliaia di km di distanza. Di qui il valore dei corsi avviati da decenni dalla COI per mettere i volontari nelle condizioni migliori per fornire un aiuto rispettoso e quindi gradito. Le differenti condizioni in cui si svolge la pratica medica in terra di missione fa scaturire anche la proposta, da tutti condivisa, di istituire corsi a Medicina che aiutino i giovani laureati a tener conto di tali differenze.

(Fonte: Dental Tribune Italia)

Autore: Redazione FNOMCeO

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