Corso di formazione Cisl Medici Lazio il 4 maggio, “I rischi della comunicazione via social”

Il mondo della comunicazione sta cambiando in fretta, nuovi strumenti stanno modificando i rapporti all’interno della comunità di lavoro e con l’esterno, con la platea di vecchi e nuovi utenti. C’è bisogno di modificare posizioni e atteggiamenti e di trovare in questo contesto un nuovo equilibrio. L’universo sanitario, pubblico e privato, non rappresenta un mondo a parte ma presenta dei  problemi peculiari in rapporto alla comunicazione, interpersonale e pubblica.  Il malato e le sue urgenze/emergenze  rappresenta un carico di informazioni sensibili da gestire con attenzione, i rapporti orizzontali e verticali all’interno di una struttura sanitaria si stanno aggiornando in fretta (la cronaca quotidiana ne da notizia quasi ogni giorno) e vanno tarati su nuove realtà normative e sociali. Questa giornata di approfondimento vuole fornire alcuni elementi di riflessione in attesa di una analisi più puntale e approfondita

Di Vanessa Seffer

Sabato 4 maggio alle ore 9.00, presso l’Auditorium Antonianum di viale Manzoni 1 in Roma, si terrà un corso di formazione sulla comunicazione. Il corso è organizzato dalla Cisl Medici Lazio ed è aperto gratuitamente anche ai non iscritti Cisl Medici. Si parlerà tra l’altro di questi  argomenti: la comunicazione smartphone, messaggi (whatsapp, sms, posta elettronica): una questione giuridica. Valgono come prove?; La gestione della diffamazione via social, istruzioni per l’uso; La comunicazione all’interno delle strutture sanitarie. Rapporti con i media; La buona comunicazione tra codice aziendale e codici deontologici; Prevenire è meglio che curare. Gli sfoghi social del cittadino/cliente e la risposta aziendale della Pubblica Amministrazione; Privacy, quella parola sconosciuta sui social media. Consapevolezza e conseguenze.

Il corso trae lo spunto da alcune necessità imposte dai repentini mutamenti in ambito comunicativo che impongono la ricerca di nuovi punti di equilibrio tra il dovere derivante dall’essere dipendente di strutture pubbliche, ma anche private, la particolare delicatezza nel trattare argomenti relativi alla salute ed alla malattia, la necessità di valutare attentamente gli atti conseguenziali ad un uso improvvido dei social anche alla luce delle responsabilità personali e professionali in un contesto dove il quadro normativo rischia di avere zone di grigio che possono esporre l’estensore di note ad impreviste sanzioni disciplinari o giudiziarie. Questa mattinata di approfondimento cercherà dunque di fornire alcuni elementi di riflessione prodromici di un incontro successivo e maggiormente articolato che la Cisl Medici Lazio vuole organizzare nel prossimo autunno.

Non sfugge ad ognuno che sottovalutare gli aspetti legati ad un uso anomalo dei social, comportamenti magari originati da esperienze negative in ospedale, oppure lasciarsi andare ad apprezzamenti poco lusinghieri magari confidando a torto in una sorta di impunità da presunto anonimato, può significare dover poi affrontare anche cause giudiziarie. Inoltre ai comportamenti ed alle affermazioni “social” poco corrette, o francamente scorrette, si collegano sanzioni disciplinari, che in caso di grave violazione degli obblighi fiduciari possono comportare anche il licenziamento. L’articolo 21 della Costituzione afferma che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” e dunque il cittadino che decide di intervenire sui social network con opinioni, riflessioni, critiche, è titolare di questa garanzia costituzionale. Tuttavia va osservato che tale libertà di manifestazione del proprio pensiero di cui gode il cittadino non risulta così ampia qualora egli si esprima in qualità di lavoratore dipendente nei confronti del proprio datore proprio in quanto legato a quest’ultimo da obblighi derivanti dal rapporto di lavoro stesso. Il cosiddetto “diritto di critica” trova pertanto ampie limitazioni negli obblighi di diligenza (art. 2104 Codice Civile), fedeltà e riservatezza (art. 2105 Codice Civile), che incombono al lavoratore subordinato in quanto riconducibili alla attività lavorativa stessa. Per l’Autorità Garante della Privacy è legittimo l’uso con finalità disciplinari, da parte del datore di lavoro, di ogni manifestazione “tracciata” sui social da parte del proprio dipendente purchè il lavoratore stesso non abbia limitato l’accesso ai contenuti. Resta comunque certo il fatto che la cautela debba essere un elemento prioritario prima di lasciarsi andare ad affermazioni sulle cui conseguenze, nell’atto in cui si digita sul proprio smart phone o sul pc, molto spesso non si riflette abbastanza.

Autore: Redazione

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