Corte dei Conti Lombardia – Responsabilità medica – Danno erariale indiretto – Irretroattività della legge Gelli – È da escludersi l’applicabilità con effetti retroattivi di quanto disposto dall’art. 13 della legge n. 24/2017, che prevede l’inammissibilità dell’azione di responsabilità amministrativa per mancata comunicazione al convenuto da parte dell’Azienda Ospedaliera Omissis di Omissis dell’instaurazione del giudizio civile. Detta inapplicabilità è dettata da ragioni formali, in assenza di una espressa previsione di efficacia retroattiva della norma, e da ragioni sostanziali, in quanto ne deriverebbe una ingiustificata sterilizzazione di tutte le azioni risarcitorie in cui le Aziende Ospedaliere non abbiano seguito, in assoluta buona fede, una procedura all’epoca non prevista e non richiesta né da previsioni di legge né tantomeno regolamentari. La Procura aveva ravvisato una fattispecie di danno erariale indiretto conseguente al risarcimento dei danni liquidati ad un paziente per le gravi lesioni permanenti patite in seguito ad un intervento neurochirurgico. Secondo la Procura, la condotta illecita contestata agli odierni convenuti consisterebbe nel fatto che gli stessi, “… in qualità di medici chirurghi degli Omissis di Omissis, esecutori dell’intervento neurochirurgico sul paziente T. A., in data Omissis, non solo omettevano di praticare (e nemmeno informavano il paziente dell’esistenza) l’intervento più adatto (embolizzazione) che, inoltre, presentava meno rischi, ma conducevano in modo errato e imperito anche l’intervento prescelto (craniotomia) nel quale, peraltro, per tradizione accertata avrebbero dovuto essere anche più esperti, cagionando al paziente gravi lesioni permanenti”. Il Collegio invece ha rilevato che risulta tutt’altro che univocamente e incontrovertibilmente provata sia la condotta antigiuridica degli odierni convenuti, sia il nesso di causalità tra detta condotta e danno, sia la colpa grave degli stessi.
FATTO E DIRITTO: La Procura precisa che si “… veniva a conoscenza di una fattispecie di danno erariale indiretto conseguente al risarcimento dei danni liquidati al sig. T. A., a seguito delle gravi lesioni permanenti riconducibili all’intervento neurochirurgico di esclusione dell’aneurisma dell’arteria cerebrale media effettuato presso gli Omissis di Omissis in data Omissis”.Il Requirente ha quindi evidenziato che “il danno erariale, oggetto della presente contestazione, è relativo ad un grave caso di malpractice medica addebitabile ai dottori B. A., S.R. e B. R., i quali, in qualità di medici chirurghi, nell’intervento neurochirurgico “di esclusione dell’aneurisma dell’arteria cerebrale media”, eseguito in data Omissis, sul paziente T. A. presso la clinica neurochirurgica dell’Omissis Omissis di Omissis, gli cagionavano gravi danni permanenti …, con colpa grave consistita nell’imperita esecuzione dell’intervento chirurgico e nella non corretta, del tutto inefficace e errata gestione della complicanza (sanguinamento) intervenuta in sede operatoria”. Al termine della richiamata attività istruttoria la Procura erariale, ritenendo sussistenti tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, notificava agli odierni convenuti ed anche al Dott. B. specifico invito a dedurre (all.ti nn. 5,6,7,8,9 e 10 del fascicolo della Procura). In sintesi, secondo la Procura, la condotta illecita contestata agli odierni convenuti consisterebbe nel fatto che gli stessi, “… in qualità di medici chirurghi degli Omissis di Omissis, esecutori dell’intervento neurochirurgico sul paziente T. A., in data Omissis, non solo omettevano di praticare (e nemmeno informavano il paziente dell’esistenza) l’intervento più adatto (embolizzazione) che, inoltre, presentava meno rischi, ma conducevano in modo errato e imperito anche l’intervento prescelto (craniotomia) nel quale, peraltro, per tradizione accertata avrebbero dovuto essere anche più esperti, cagionando al paziente gravi lesioni permanenti”. Da ultimo, per quanto riguarda la sussistenza in capo ai convenuti dell’elemento soggettivo della colpa grave, la Procura ha precisato che “… lo stesso risulta essere pienamente provato sulla base delle due consulenze medico legali …”, atteso che “entrambe le consulenze qualificano, dunque, come del tutto inadeguata imperita e errata la esecuzione e la gestione dell’intervento chirurgico cui è stato sottoposto il paziente …”.Sul punto viene poi precisato che “circa … l’intensità della colpa da qualificarsi come grave, è sufficiente osservare come la condotta dei tre medici chirurghi sia stata evidentemente negligente e imperita, perché caratterizzata dalla totale assenza di attenzione, diligenza e cura nell’adempimento di una prestazione, peraltro, nemmeno difficoltosa, avente ad oggetto la corretta e adeguata gestione di una complicanza operatoria in un paziente sottoposto ad un intervento chirurgico di craniotomia, come concordemente affermato da tutti gli esperti …”. Con riferimento alla seconda censura mossa nella sentenza resa in ambito civile, secondo la quale l’imprudenza e l’imperizia dei medici operatori si ricaverebbe sostanzialmente dal fatto “… di aver posizionato una clip temporanea per 7 ½ minuti circa, sul vaso principale, l’arteria cerebrale media, ottenendo un arresto prolungato del circolo cerebrale” la difesa ha evidenziato che “i tempi di arresto di flusso considerati a basso rischio di lesione ischemica sono al di sotto dei 10 minuti. Questi tempi sono confermati dal gruppo di Neurochirurghi di Omissis Prof B. …”, circostanze queste che sarebbero confermate da articoli di riviste scientifiche di livello internazionale (cfr. doc.ti nn. 3 e 4 del fascicolo della difesa). Con riferimento a quanto affermato dalla C.T.U. Dott. D. S., circa il fatto che “l’occlusione del vaso doveva quindi essere cautelativamente sospesa a tratti”, la difesa ha invece affermato che “tutti i neurochirurghi esperti vascolari escludono la possibilità di eseguire questo clippaggio intermittente quando la sacca aneurismatica è rotta e la quantità di sangue che esce dalla sacca è molto intensa”, come accaduto nel caso di specie. In diritto, la difesa ha poi eccepito preliminarmente “l’inamissibilità dell’azione di responsabilità amministrativa per mancata comunicazione al convenuto da parte dell’Azienda Ospedaliera Omissis di Omissis dell’instaurazione del giudizio civile secondo quanto stabilisce l’art. 13 della Legge Gelli”, precisando a tal proposito che “tale legge è entrata in vigore il 1 aprile 2017 quindi prima della notifica al convenuto dell’atto di citazione perfezionatasi l’8 settembre 2017 con cui la Procura ha introdotto questo giudizio. Del tutto ininfluente risulta la circostanza che in data 27 marzo 2017 sia stato notificato al convenuto sempre da parte della Procura l’invito a fornire deduzioni in quanto quest’ultimo è un atto relativo alla fase preprocessuale”. La difesa ha comunque evidenziato che “… a mente dell’art. 9, comma 5, legge 24/2017, in caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria, la condanna per la responsabilità amministrativa dell’esercente la professione sanitaria “non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo”. È quindi da escludersi, in ogni caso, che il prof. A. B. possa fondatamente esser chiamato a risarcire gli Omissis di Omissis per un importo pari a quello stabilito in sede di transazione o a quello effettivamente corrisposto dall’Ente al sig. T.”. Il Procuratore dopo aver precisato che la c.d. legge Gelli non può certo avere portata retroattiva, come invece affermato dai difensori, nel merito ha poi ribadito sostanzialmente le argomentazioni fin qui esposte e confermato le conclusioni già rassegnate. Il Pubblico Ministero ha evidenziato in particolare che l’imperizia medica va parametrata sulla base della natura dell’attività svolta e non deve, quindi, essere declinata in termini generici. Inoltre, il Collegio non ritiene accoglibile la specifica istanza rivolta dalla difesa dello R. S. con riguardo all’applicazione retroattiva al caso in esame di quanto disposto dall’art. 13 della legge n. 24/2017, da cui discenderebbe la declaratoria di inammissibilità dell’azione erariale. Ciò in quanto è da escludersi l’applicabilità con effetti retroattivi della richiamata disposizione. Detta inapplicabilità è dettata da ragioni formali, in assenza di una espressa previsione di efficacia retroattiva della norma, e da ragioni sostanziali, in quanto ne deriverebbe una ingiustificata sterilizzazione di tutte le azioni risarcitorie in cui le Aziende Ospedaliere non abbiano seguito, in assoluta buona fede, una procedura all’epoca non prevista e non richiesta né da previsioni di legge né tantomeno regolamentari (cfr. in proposito sentenze di questa Sezione n. 191/2017 e 196/2017).Le medesime considerazioni valgono, naturalmente, anche per quanto riguarda l’invocata applicabilità al caso di specie dell’art. 9, comma 5, sempre della legge n. 24/2017, avanzata dalla difesa del A. B., considerato anche che, in mancanza, come detto, di una espressa previsione di efficacia retroattiva della norma, verrebbe ingiustificatamente compressa a priori l’aspettativa risarcitoria dell’Azienda Ospedaliera riferita all’epoca del subìto nocumento e delle azioni conseguentemente intraprese. Il Collegio, in considerazione anche della particolarità del caso di specie, che concerne una branca operatoria ad alto tasso tecnico quale è appunto la neurochirurgia, ritiene doveroso passare in rassegna tutti gli elementi forniti dalle parti in causa, utili a ricostruire in modo circostanziato i fatti in contestazione. Per il Collegio risulta tutt’altro che univocamente e incontrovertibilmente provata sia la condotta antigiuridica degli odierni convenuti, sia il nesso di causalità tra detta condotta e danno, sia la colpa grave degli stessi. Infatti, sul punto, contrariamente a quanto affermato dal Requirente, secondo cui le affermazioni mediche valorizzate dalle difese con i documenti sopra richiamati “… non rappresentano le conclusioni di una argomentata consulenza tecnica di parte, bensì semplici dichiarazioni non impegnative per l’autore delle stesse …” e pertanto sarebbero oltre che non affidabili anche inutilizzabili “… considerata la genericità in cui tali opinioni sono formulate senza riguardo alla peculiarità del caso concreto …” (cfr. pag. 8 della memoria di replica depositata in udienza dalla Procura), deve invece rilevarsi che le stesse risultano non solo affidabili, in quanto rese da professionisti di primo piano nel panorama medico italiano su profili tecnici su cui è davvero difficile immaginare dichiarazioni di tale tenore effettuate atecnicamente e senza alcun ancoraggio medico-scientifico, ma anche focalizzate al caso di specie, così come è agevole constatare da una semplice lettura delle stesse e dalla congerie di osservazioni storiche, tecniche, medico-legali, specialistiche e deontologiche che pongono fondatamente in discussione gli opposti convincimenti. Sul punto è poi anche utile precisare che le pubblicazioni scientifiche richiamate nelle relazioni mediche e depositate dai convenuti nel presente giudizio sono utili a corroborare sotto un profilo scientifico le affermazioni di ciascuno dei medici interpellati dalle difese dei convenuti sul caso specifico in trattazione, nel quale, non è inopportuno sottolineare, vanno svolte considerazioni storicamente, scientificamente e medico-legalmente riferite all’anno di esecuzione dell’intervento (Omissis), con tutte le difficoltà di natura tecnica che tale retrodatazione di valutazione può oggi comportare. Di conseguenza, risulta evidente come, nel caso in trattazione, non poteva e non può ritenersi raggiunta una completa quanto univoca ricostruzione probatoria in ordine alla asserita e dedotta responsabilità per colpa grave dei convenuti, sulla sola base della C.T.U. resa in sede civile, considerato non solo che gli odierni convenuti, come più volte detto, non hanno potuto prendere parte alle relative operazioni, ma che sono stati acquisiti, nella fase istruttoria, svariati elementi tecnici confutativi, tali, per provenienza e contenuto, e per pertinenza ai punti nodali della contestazione di responsabilità, da non poter essere pretermessi o aprioristicamente svalutati senza l’indispensabile conforto specialistico.