Corte dei Conti Lombardia Sent. n. 2/18 – Attività ‘iperprescrittiva’ dei M.M.G

Corte dei Conti Lombardia Sent. N. 2/18 – Attività ‘iperprescrittiva’ dei M.M.G Il Collegio ritiene di condividere l’orientamento di questa Sezione Lombardia conforme nell’evidenziare la particolare natura dell’esercizio della professione medica, caratterizzata da fisiologici margini di apprezzamento valutativo su diagnosi e cura delle malattie, che affonda le sue radici nel codice deontologico ed impone al medico di adeguare le sue decisioni ai dati scientifici accreditati o alle evidenze metodologicamente fondate, tenendo conto del contesto sociale, organizzativo ed economico in cui opera e sempre perseguendo il beneficio del paziente secondo i criteri di equità e l’uso appropriato delle risorse. In conclusione il Collegio ritiene che il criterio astratto del danno da “iperprescrizione in senso lato” derivante dal mero superamento di medie ponderate, non può essere seguito nel giudizio di responsabilità amministrativa, non tanto per l’inattendibilità tecnica del criterio o per la carenza di rigore scientifico, quanto per la sua astrattezza, incompatibile con la valutazione di una attività incontestatamente discrezionale, quale quella medica, ed alla luce del fondamentale principio dell’onere della prova (attoreo) della responsabilità amministrativo-contabile, di natura personale, derivante da comportamenti dannosi storicamente certi e provati, caso per caso, secondo un riscontrato nesso etiologico-causale, non desumibile statisticamente.

FATTO E DIRITTO: Con atto di citazione ritualmente depositato presso la Segreteria di questa Sezione in data 23 maggio 2012, la Procura regionale conveniva in giudizio il dott. B. G. G. per sentirlo condannare al pagamento, in favore dell’ASL Città di Milano, ora A.T.S. e della Regione Lombardia, dell’importo di € 21.355,59, oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio, in relazione all’asserito danno cagionato all’erario per “iperprescrizione” di farmaci. La vicenda ha preso avvio da una comunicazione in data 8 luglio 2005 con la quale la Guardia di Finanza ha segnalato alla Procura regionale una possibile fattispecie di danno erariale cagionato da medici di medicina generale (d’ora in avanti M.M.G.) delle ASL della Regione Lombardia, in rapporto di convenzione con il S.S.N. per il periodo 2002-2004, in ragione di una condotta prescrittiva di farmaci difforme rispetto alla generalità dei medici operanti nelle rispettive ASL di appartenenza. Nel merito, la domanda attrice si fonda sull’assunto che il convenuto, medico di medicina generale (MMG) in rapporto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, abbia causato un danno all’erario consistente nell’aver prescritto ai propri pazienti farmaci a carico del suddetto SSN in violazione della normativa vigente.La condotta illecita sarebbe consistita nel  ripetuto scostamento dalle quantità di farmaci prescritte dagli altri sanitari della stessa ASL (iperprescrizione in senso lato) e nel superamento del quantitativo di farmaco assumibile dall’assistito in un determinato periodo di tempo, risultante dalle indicazioni fornite dalla casa farmaceutica e approvate dal Ministero della sanità o nell’aver prescritto un farmaco secondo modalità (per quantità o qualità) di assunzione difformi da quelle previste nelle schede ministeriali o nelle note CUF(iperprescrizione in senso stretto). La Corte costituzionale più volte ha affrontato tali tematiche (fra le tante, v. sent. n. 203/2008, n. 257/2007, n. 279/2006, n. 200/2005) in maniera particolarmente significativa con la sentenza n. 94/2009, ove ha posto in rilievo “la particolarità del Servizio sanitario nazionale, che richiede al legislatore ordinario di bilanciare le esigenze, da un lato, di garantire egualmente a tutti i cittadini e salvaguardare, sull’intero territorio nazionale, il diritto fondamentale alla salute, nella misura più ampia possibile; dall’altro, di rendere compatibile la spesa sanitaria con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che è possibile ad essa destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi da realizzare in questo campo. Siffatto bilanciamento costituisce il frutto di una scelta discrezionale”.Anche la Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 17461/2006, ha statuito che, in relazione al bene-salute, è individuabile un “nucleo essenziale”, in ordine al quale si sostanzia un diritto soggettivo assoluto e primario, volto a garantire le condizioni di integrità psico-fisica delle persone bisognose di cura. Allorquando però non ricorrano condizioni di indispensabilità, di gravità e di urgenza, è riconosciuta all’autorità amministrativa la discrezionalità nella scelta tra le possibili opzioni praticabili della soluzione reputata più adeguata alla finalità di piena efficienza del servizio sanitario. E’ indubbia, dunque, ed incontestata la necessità che la tutela del diritto soggettivo del singolo al bene-salute sia contemperata con le esigenze di piena efficienza della spesa sanitaria, al fine di consentire il più ampio accesso possibile di tutti gli aventi diritto alle cure ed ai presidi sanitari del caso. Ad avviso di questo Collegio, il descritto ed accurato metodo di analisi che prende le mosse dalle rilevazioni, effettuate presso l’ASL, di situazioni caratterizzate da elevate percentuali di scostamento annuo rispetto al criterio della “media ponderata ASL”, ancorché rigorosamente condotto, dimostra soltanto  un incontestato maggiore esborso a carico del SSN ma non porta, di per sé, al sicuro ed inconfutabile riconoscimento di una responsabilità amministrativo-contabile del medico potendo, al più, assumere valore solo sintomatico di un’illiceità della condotta prescrittiva, da solo insufficiente, se non suffragato da validi elementi probatori idonei, ad affermare in  concreto l’irragionevolezza, connotata da colpa grave o addirittura da dolo, della scelta operata, caso per caso, dal medico. Sul punto, quindi, il Collegio ritiene di condividere l’orientamento di questa Sezione Lombardia conforme nell’evidenziare la particolare natura dell’esercizio della professione medica, caratterizzata da fisiologici margini di apprezzamento valutativo su diagnosi e cura delle malattie, che affonda le sue radici nel codice deontologico ed impone al medico di adeguare le sue decisioni ai dati scientifici accreditati o alle evidenze metodologicamente fondate, tenendo conto del contesto sociale, organizzativo ed economico in cui opera e sempre perseguendo il beneficio del paziente secondo i criteri di equità e l’uso appropriato delle risorse (ex multis, sent.n.9/2010). In conclusione, ritiene il Collegio che il criterio astratto del danno da “iperprescrizione in senso lato” derivante dal mero superamento di medie ponderate, non può essere seguito nel giudizio di responsabilità amministrativa, non tanto per l’inattendibilità tecnica del criterio o per la carenza di rigore scientifico, quanto per la sua astrattezza, incompatibile con la valutazione di una attività incontestatamente discrezionale, quale quella medica, ed alla luce del fondamentale principio dell’onere della prova (attoreo) della responsabilità amministrativo-contabile, di natura personale, derivante da comportamenti dannosi storicamente certi e provati, caso per caso, secondo un riscontrato nesso etiologico-causale, non desumibile statisticamente. Per tutto quanto sopra esposto, deve essere respinta la richiesta risarcitoria a titolo di danno da “iperprescrizione” di farmaci nei confronti del dott. G. G. B. che va mandato assolto da ogni contestazione).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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