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Corte di Cassazione Civile: condotta del medico e radiazione dall’Albo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – La gravità della condotta tenuta dal medico giustifica la radiazione dall’Albo (sentenza nr. 8340/14).

FATTO: —- propone ricorso per cassazione contro l’Ordine dei Medici-Chirughi e degli Odontoiatri di —-, che resiste con controricorso, avverso la decisione della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni sanitarie n. 56/2012, notificata il 7.1.2013, che ha respinto il ricorso avverso la sanzione disciplinare della radiazione adottata dalla Commissione Medica dell’OMCeO del 20.5.2011. Il provvedimento impugnato, premesso che in data 16.6.2010 —— aveva segnalato che il — era stato condannato in Tribunale, Corte di appello ed in Cassazione, con ulteriore rinvio in Corte di appello per difetto di motivazione sull’entità della pena e successiva conferma della pena inflitta per i reati di cui all’art. 609 cpv c.p., n. 1, art. 609 ter c.p., n. 2, art. 609 septies c.p., comma 4, n. 3, art. 61 c.p., n. 9; che era stato promosso procedimento disciplinare; che vi erano precedenti pressoché specifici; che l’incolpato aveva dedotto che la condanna definitiva era di anni 2 di cui da espiare anni 1 mesi 11 e giorni 27 di reclusione; che la commissione aveva ritenuto di irrogare la sanzione della radiazione; ciò premesso rigettava il ricorso sul presupposto della regolarità dell’accertamento e della congruità della motivazione. Si denunziano: 1) violazione dei principi e delle regola in tema di motivazione e segnatamente del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 41 con riferimento alla sostanziale applicazione dell’art. 42 con la immotivata applicazione della radiazione solo per la intervenuta condanna per violenza sessuale senza valutare le circostanze dedotte dal ricorrente.

DIRITTO: La Corte Suprema di Cassazione ha rilevato che é stato pacificamente accertato e non è contestato che il ricorrente è stato condannato in via definitiva per abusi sessuali commessi nei locali del pronto soccorso ed in qualità di medico di guardia approfittando dello stato confusionale e di torpore della paziente, cui aveva iniettato farmaci. La Corte di Cassazione ha inoltre evidenziato che il fatto che il ricorrente non fosse recidivo specifico ugualmente è stato ritenuto irrilevante in quanto, come risulta dalla decisione impugnata, la radiazione non è stata disposta ai sensi del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 42, cioè in relazione a condanna penale, ma ai sensi dell’art. 41, e cioè per avere il medico, con la sua condotta, compromesso gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria. La Corte di Cassazione nel respingere il ricorso ha rilevato che la decisione impugnata ha valorizzato non già l’entità della pena inflitta ma l’accertata responsabilità dei fatti contestati.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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