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Corte di Cassazione Civile. danno alla persona conseguente a responsabilità medica

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – Danno alla persona conseguente a responsabilità medica: il chirurgo è sempre responsabile della omissione della diagnosi di un processo morboso terminale. Il chirurgo, quale primo e terminale operatore sul paziente, è gravato, al di là ed a prescindere dal tipo di intervento che è chiamato ad eseguire, dall’onere di una attenta, diligente e corretta lettura di tutti gli accertamenti, radiologici, radiografici e di laboratorio, che egli ha disposto e che devono essere sottoposti al suo esame (sentenza nr. 11522/14).

FATTO: —-, nel ricoverarsi presso la Casa di Cura ——- per un intervento di gonartrosi, venne sottoposto ai consueti esami di routine, tra cui una radiografia del torace, il cui referto, redatto in data —–, recava la dicitura sospetta nodulazione della regione intercleidoilare di sinistra meritevole di ulteriore valutazione TAC. Tale indicazione diagnostica sarebbe nuovamente comparsa nel foglio di consenso informato all’anestesia (nella parte relativa all’apparato cardiocircolatorio) che il paziente aveva sottoscritto il giorno precedente l’intervento al ginocchio. Operato dal Dott. —- il —–, e dimesso il successivo —-, attesane la completa guarigione clinica, —– che nel frattempo era dimagrito di 12 chili ed accusava dolori al torace – venne sottoposto, il ——-, ad un visita di controllo dallo stesso chirurgo, che non dette alcun peso nè al dimagrimento nè ai dolori lamentati dal paziente. Il —–, su prescrizione del proprio medico curante, il —– eseguì una radiografia al torace, che evidenziò un tumore al polmone, confermato dalle successive analisi di laboratorio – non operabile per l’avanzato stato in cui si trovava, e che lo avrebbe condotto alla morte due mesi dopo. I figli —- e —-, nel dicembre dello stesso anno, convennero dinanzi al Tribunale di Brescia il Dott. —- e la Casa di Cura, addebitando loro la omessa comunicazione della grave malattia già diagnosticata l’11 marzo 1996, che ne aveva provocato in anticipo la morte, anche perché l’intervento al ginocchio aveva avuto un sicuro effetto debilitante, come dimostrato dalla considerevole perdita di peso ad esso successiva. Il giudice di primo grado, ammessa la chiamata in causa della —–, compagnia assicurativa della —–, respinse la domanda, ritenendo il —- esente da colpa perché, da chirurgo ortopedico, non conosceva né poteva conoscere la patologia tumorale da cui era stato colpito il paziente – non rientrando l’esame specifico da eseguire nella sua competenza professionale – mentre la visita di controllo aveva riguardato i soli esiti post-operatori dell’intervento al ginocchio. La Corte di appello di Brescia, dinanzi alla quale venne proposta impugnazione della sentenza di primo grado da parte degli eredi —-, la rigettò (ad eccezione del capo riguardante le spese, che vennero integralmente compensate in entrambi i gradi di giudizio). La sentenza della Corte territoriale è stata impugnata da —- e —- con ricorso per cassazione.  

DIRITTO: La Corte Suprema di Cassazione ha rilevato che in tema di danno alla persona conseguente a responsabilità medica, l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, sul quale sia possibile intervenire soltanto con un intervento cosiddetto palliativo, determinando un ritardo della possibilità di esecuzione di tale intervento, cagiona al paziente un danno alla persona per il fatto che nelle more egli non ha potuto fruire di tale intervento e, quindi, ha dovuto sopportare le conseguenze del processo morboso e particolarmente il dolore, posto che la tempestiva esecuzione dell’intervento palliativo avrebbe potuto, sia pure senza la risoluzione del processo morboso, alleviare le sue sofferenze. Il chirurgo, quale primo e terminale operatore sul paziente, è gravato, al di là ed a prescindere dal tipo di intervento che è chiamato ad eseguire, dall’onere di una attenta, diligente e corretta lettura di tutti gli accertamenti, radiologici, radiografici e di laboratorio, che egli ha disposto e che devono essere sottoposti al suo esame.”Nel caso di specie, la mancata osservanza di un elementare obbligo di diligenza da parte del Dott. — emerge palesemente ex actis, atteso che già il primo referto radiografico aveva evidenziato la possibilità una ipotesi tumorale da approfondire, senza che, di ciò, il — abbia tenuto alcun conto, né in continenti, né, soprattutto, ex intervallo, al momento della visita di controllo e nonostante la sintomatologia accusata e riferita in quella sede dal paziente”.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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