CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – Licenziamento illegittimo del medico: reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno (sentenza nr. 8006/14).
FATTO: la Corte di Appello di Roma con sentenze rispettivamente non definitiva e definitiva, riformando in parte la sentenza del Tribunale di Roma, nel dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimato al dott. —- dall’Ospedale pediatrico ——, di cui era dipendente quale medico odontoiatra, ordinava la reintegrazione del — nel posto di lavoro condannando, il predetto Ospedale, al risarcimento del danno, liquidato nella misura pari alle retribuzioni globali di fatto non percepite dall’atto del licenziamento sino a quello della sentenza di primo grado, ed alla regolarizzazione contributiva. In particolare, la Corte del merito, con sentenza non definitiva, dichiarava nulla la decisione del Tribunale in punto di liquidazione in via equitativa del danno sul rilievo che non poteva farsi luogo a detta liquidazione non essendovi l’impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare. Con sentenza definitiva, poi, la Corte territoriale riteneva illegittimo il licenziamento in quanto era rimasto accertato che la malattia non era simulata e l’attività espletata dal dott. — durante il decorso della stessa non aveva comportato alcun aggravamento. Assumeva la Corte del merito, in relazione al risarcimento del danno L. n. 300 del 1970, ex art. 18, e successive modifiche, che questo doveva essere contenuto nella misura delle retribuzioni spettanti nel "triennio post recesso" essendo questo il limite, di norma, oltre il quale la eziologia della inoccupazione non era automaticamente riferibile più al licenziamento e tanto con esclusione di detrazioni in quanto non dimostrate. Avverso questa sentenza l’Ospedale —- ricorre in cassazione sulla base di cinque censure.
DIRITTO: La Corte di Cassazione rileva che nel regime di tutela reale la predeterminazione legale del danno risarcibile in favore del lavoratore (con riferimento alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione) non esclude che il lavoratore possa chiedere il risarcimento dell’ulteriore danno da screditamento professionale, nonché da tutti i danni non patrimoniali patiti in conseguenza dell’illegittimo licenziamento. La Corte di Cassazione afferma inoltre che ha già ritenuto, in fattispecie sovrapponibile alla presente, corretta ed congruamente motivata la sentenza di appello che, in tema di risarcimento del danno cui è tenuto il datore di lavoro in conseguenza del licenziamento illegittimo, fonda la limitazione di detto danno in base alla presunzione che, nell’arco di tempo di tre anni dall’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro, il lavoratore licenziato avrebbe potuto trovare un’altra occupazione se si fosse diligentemente attivato in tal senso (per tutte Cass. 21 settembre 2012 n. 16076). A tale principio la Corte del merito, con motivazione congrua ed immune da vizi logici, si è attenuta specificando, altresì, che, nella specie, non ostano all’operatività di tale presunzione condizioni di mercato o "qualità soggettive del dipendente”