CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – Responsabilità del primario ospedaliero: il primario ospedaliero risponde del danno derivato da un deficit organizzativo della struttura da lui diretta, ove non dimostri di avere adempiuto tutti gli obblighi a lui imposti dal D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, art. 7 e cioè di essersi informato sulle condizioni dei malati, di avere impartito le necessarie istruzioni al personale, e di avere predisposto le direttive per eventuali emergenze (sentenza nr. 22338/14).
FATTO: . Nel 1997 i sigg.ri V.F. e G.A., sia in proprio che quali rappresentanti ex art. 320 c.c. del figlio minore V.P.F., convennero dinanzi al Tribunale di Messina N.B., O.G. e la Azienda Ospedaliera "Papardo", allegando che:-) il (OMISSIS) la sig.a G.A. diede alla luce, nell’ospedale di Messina gestito dall’azienda convenuta, il proprio figlio V.P.F.;-) assistette al parto il medico N.B., nel reparto di cui era primario O.G.;-) a causa della negligenza dei sanitari, che non rilevarono i dati pelvimetrici della gestante e non eseguirono di conseguenza il necessario parto cesareo, durante le manovre di espulsione i sanitari provocarono al neonato la lesione del plesso brachiale. Conclusero pertanto chiedendo la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza dei fatti appena descritti. Con sentenza 21.6.2005 n. 1224, il Tribunale ha:- escluso la responsabilità dei due sanitari convenuti, ritenendo che il danno fosse ascrivibile a carenze organizzative dell’ospedale;- rigettato la domanda nei confronti dell’Azienda Ospedaliera, sul presupposto che all’epoca dei fatti l’ospedale era organo della disciolta USL (OMISSIS) "Messina Nord" e che di conseguenza delle obbligazioni di quest’ultima dovesse rispondere la Regione Sicilia.3. La sentenza venne impugnata dai soccombenti. La Corte d’appello di Messina, con sentenza 19.1.2010 n. 22 ha confermato integralmente la decisione di primo grado.4. Tale sentenza viene ora impugnata per cassazione da V. F., G.A. e V.P., nelle more divenuto maggiorenne, sulla base di sei motivi. Hanno resistito con controricorso N.B. e O. G..Nel giudizio dinanzi a questa Corte la Azienda Ospedaliera Papardo non si è difesa.
DIRITTO: Nel caso di specie la Corte d’appello ha da un lato accertato in facto un deficit organizzativo dell’ospedale, ma dall’altro lato non ha nè accertato se i medici si preoccuparono di predisporre il trasferimento della paziente; né se il trasferimento era possibile. La Corte Suprema di Cassazione ha quindi affermato che é in colpa il medico che, al cospetto di un paziente le cui condizioni non possono essere adeguatamente gestite nella struttura ospedaliera in cui si trova, non si attivi per disporne l’immediato trasferimento in altra struttura. Il primario ospedaliero risponde del danno derivato da un deficit organizzativo della struttura da lui diretta, ove non dimostri di avere adempiuto tutti gli obblighi a lui imposti dal D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, art. 7 e cioè di essersi informato sulle condizioni dei malati, di avere impartito le necessarie istruzioni al personale, e di avere predisposto le direttive per eventuali emergenze. Nell’interpretare tale disposizione, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che il primario risponde dei deficit organizzativi del reparto a lui affidato, quando questi siano consistiti in una carente assegnazione di compiti e mansioni al personale; in una carente diramazione delle istruzioni da seguire e dei compiti da assolvere; da una negligente diramazione di istruzioni con riferimento al singolo degente. Si è, di conseguenza, affermato che il primario ospedaliero deve avere puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano tutti i degenti, a prescindere dalle modalità di acquisizione di tale conoscenza (con visita diretta o interpello degli altri operatori sanitari), ed è, perciò obbligato ad assumere informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri medici cui il paziente sia stato affidato, indipendentemente dalla responsabilità degli stessi, tanto al fine di vigilare sulla esatta impostazione ed esecuzione delle terapie, di prevenire errori e di adottare tempestivamente i provvedimenti richiesti da eventuali emergenze. In base a questi principi già in passato questa Corte ha affermato la responsabilità del primario in conseguenza della ritardata esecuzione, da parte dei sanitari a lui sottoposti, di un parto cesareo (Sez. 3, Sentenza n. 13979 del 30/06/2005, Rv. 582581), così come quella del primario che non aveva impostato un programma di monitoraggio assiduo del travaglio di una partoriente al fine di poter intervenire tempestivamente, con un taglio cesareo, all’insorgere di sofferenza fetale, né aveva impartito direttive precise al suo assistente di vigilare sull’esatta esecuzione del programma terapeutico.