La Suprema Corte ha affermato che è vero che l’osservanza di una cautela specifica (ottenere l’autorizzazione agli interventi chirurgici) non toglie che la colpa possa essere integrata dalla violazione di una cautela generica; ma è anche vero che la cautela generica violata deve essere individuata. In altri termini se l’autorizzazione ad operare è stata concessa anche in ragione del fatto che, in caso di emergenza, il paziente può essere trasferito in un centro più attrezzato, allora occorre indicare quale cautela generica (cioè non prevista da “leggi, regolamenti, ordini o discipline”, art. 43 c.p.) è stata violata, ossia cosa imponeva nel caso di specie alla clinica di non effettuare l’intervento nonostante avesse l’autorizzazione, generale, a farlo; non potendo ovviamente l’imprudenza consistere nella mera circostanza di avere effettuato l’intervento pur sapendo che non vi era sala di rianimazione, essendo tale intervento autorizzato.
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