A seguito di opposizione da parte di un’Azienda sanitaria avverso l’ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria comminata dal Garante per la protezione dei dati personali per l’illecito trattamento nei riguardi di una paziente sottopostasi ad interruzione volontaria di gravidanza, il Garante propone ricorso per Cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 32 Cost. e delle norme in materia di protezione dei dati e della riservatezza in materia abortiva.
La Corte di Cassazione condivide le doglianze sollevate dall’Autorità garante, rilevando che la genericità dell’informazione non elide l’illecito. L’esistenza di una “malattia” in senso lato, intesa dunque come situazione che renda necessario un trattamento sanitario, attiene a dato sulla salute: non occorre, cioè, che sia specificato di quale trattamento terapeutico o di quale malattia si tratti. Secondo la Suprema Corte dunque già il mero riferimento alla “malattia” è da considerarsi dato personale relativo alla salute.