Secondo la Suprema Corte la natura pubblicistica degli interessi in gioco e la stessa connotazione pubblicistica della professione sanitaria risultano prevalenti e non consentono il permanere di una illegittima iscrizione all’albo nel difetto del titolo di studio abilitante, inducendo ciò a ritenere che in tal caso l’iscrizione fosse affetta da nullità radicale e che le esigenze pubblicistiche rendano poi recessivo l’interesse del titolare all’iscrizione all’albo che non può vantare un affidamento prevalente.
In altri termini, è stato evidenziato che il rilievo pubblicistico e sociale della professione sanitaria, avente diretta incidenza sul diritto alla salute della collettività, non può tollerare che una così delicata attività, tendenzialmente indispensabile, possa essere affidata, in ragione del mero decorso del tempo, a soggetti privi, ab origine o per vicende sopravvenute, dei requisiti individuati dall’ordinamento come necessari, il che trova conferma sia nell’obbligo, operante in ogni tempo, degli iscritti ad albi, elenchi e registri di comunicare con la massima sollecitudine al consiglio dell’ordine di appartenenza ogni variazione dei dati di iscrizione, sia nella previsione del potere-dovere dei consigli dell’ordine di revisione periodica di albi, elenchi e registri. Ne deriva che i requisiti previsti dalla legge per l’iscrizione debbono sussistere sin dall’inizio, e non possano per alcuna ragione mancare. Infatti, l’iscrizione è fondata sul riscontro di requisiti strettamente vincolati di accesso alla professione protetta, sicché non è pensabile che l’interessato possa supporre incolpevolmente di possedere un requisito, che invece non possiede.
Inoltre, i provvedimenti di iscrizione agli albi professionali da parte degli Ordini professionali debbono essere ricondotti nella categoria delle autorizzazioni ricognitive, nell’ambito di quei procedimenti che si innestano sulla richiesta del soggetto che aspira a un bene e che si concludono con atti denominati ammissioni. Dalla natura del soggetto giuridico che provvede all’iscrizione all’Albo e dalla natura delle autorizzazioni ricognitive o delle ammissioni, nonché dalla natura della situazione giuridica soggettiva di cui è titolare l’aspirante all’iscrizione, discende l’impossibilità di apporre un termine volto a consolidare una situazione giuridica illegittimamente sorta (ragione che ha indotto la stessa Corte ad escludere l’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso come regolato per il procedimento amministrativo dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 20, Cass. S.U. n. 16740/2019).