La Suprema Corte ha affermato che l’inquadrabilità del rapporto svolto nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, e di conseguenza la configurabilità anche in questo caso di una responsabilità, diretta, della struttura sanitaria per il fatto del medico convenzionato suo ausiliario ha un suo autonomo fondamento normativo, che si rinviene nel quarto comma dell’art. 19 della legge n. 833 del 1978, che prevede “Gli utenti hanno diritto di accedere, per motivate ragioni o in casi di urgenza o di temporanea dimora in luogo diverso da quello abituale, ai servizi di assistenza di qualsiasi unità sanitaria locale.” Inoltre, ai sensi dagli Accordi Collettivi nazionali di categoria, il medico convenzionato non è obbligato a prestare la propria opera in regime di assistenza diretta ai cittadini non residenti (che non siano suoi assistiti), ma se accetta di prestarla, in favore dei cittadini che si trovino eccezionalmente al di fuori del proprio Comune di residenza, eroga una prestazione che si inquadra nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, per la quale peraltro può ricevere anche un compenso, tariffato dall’accordo collettivo e in relazione alla quale la Ausl è responsabile per l’attività svolta dal medico, che si inquadra nell’ambito delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale erogate da medico con esso convenzionato in favore dei pazienti.
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