Secondo la Suprema Corte il principio, sancito dall’art. 65 del CCNL 5 dicembre 1996, secondo cui la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il conseguimento dell’obiettivo assegnato esclude il diritto al compenso per lavoro straordinario, si applica anche al personale dirigente di struttura in posizione non apicale, rispondendo ad esigenze comuni all’intera dirigenza e ad una lettura sistematica delle norme contrattuali, che, ove hanno inteso riconoscere (come per l’attività connessa alle guardie mediche) una compensazione delle ore straordinarie per i dirigenti medici, lo hanno specificamente previsto.
Pertanto, si è ritenuto che l’art. 60 del CCNL del 3 novembre 2005, confermando nelle parti non modificate o integrate o disapplicate tutte le disposizioni sull’orario di lavoro e l’orario notturno contenute nei CCNL 8 giugno 2000 e 5 dicembre 1996, lascia ferma l’esclusione del diritto del dirigente medico ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiché la sua prestazione deve essere svolta complessivamente al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli.
Ciò significa che la flessibilità oraria prevista per la prestazione di lavoro dei dirigenti medici ha lo scopo primario di favorire il raggiungimento degli obiettivi da parte della struttura sanitaria, tant’è che l’orario di trentotto ore settimanali è da intendere come orario minimo e può essere superato senza che sia dovuto il pagamento dello straordinario.
