CORTE DI CASSAZONE PENALE – Causalità omissiva: responsabilità medica. I medici non rispondono di omicidio colposo perché la causa della morte del paziente va ascritta alle carenze organizzative della struttura sanitaria (sentenza nr. 46336/14).
FATTO: Riformando la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Livorno, la Corte d’appello di Firenze ha assolto gli imputati in epigrafe dal reato di omicidio colposo: il P. perché il fatto non costituisce reato e il C. perché il fatto non sussiste. Il P. quale medico di turno del pronto soccorso ortopedico dell’ospedale di —— ed il C. quale medico di turno del pronto soccorso generale del medesimo nosocomio, sono stati accusati di aver colposamente cagionato la morte del paziente B. F., trasportato presso la struttura sanitaria a seguito di incidente stradale occorsogli alla guida della propria motocicletta, avendo tardivamente diagnosticato una imponente frattura alla milza così inibendo le tempestive, necessarie e risolutive attività terapeutiche. In particolare al P. è stato contestato, a seguito di episodio di vomito del paziente accompagnato da dolori addominali, di essersi limitato a richiedere una valutazione chirurgica per il subito trauma addominale e di aver inviato il paziente al pronto soccorso generale invece che al reparto di chirurgia; e di aver inoltre omesso di segnalare l’urgenza del caso. Al C. è stato addebitato di aver tardivamente visitato il paziente, solo a seguito di pressioni dei familiari e di un ispettore di polizia. Ricorre per cassazione la parte civile deducendo diverse questioni.
DIRITTO: Nell’ambito della causalità omissiva vale la regola di giudizio della ragionevole, umana certezza; e che tuttavia tale apprezzamento va compiuto tenendo conto da un lato delle informazioni di carattere generalizzante afferenti al coefficiente probabilistico che assiste il carattere salvifico delle misure doverose appropriate, e dall’altro delle contingenze del caso concreto. Nella fattispecie in esame tale apprezzamento è stato correttamente compiuto. Non solo si è mostrato che le probabilità di successo della terapia appropriata sono correlate alla tempestività dell’intervento terapeutico; ma si è correttamente aggiunto che nel caso in esame l’ora notturna e le conclamate deficienze organizzative della struttura sanitaria rendevano sostanzialmente impossibile un intervento tempestivo. In particolare la Corte di Cassazione ha rilevato che nel caso di specie l’insuccesso di eventuali terapie risulta ancor più accreditato in considerazione della cattiva organizzazione del nosocomio. Si rammenta in proposito che sarebbe stato necessario eseguire ecografia addominale non praticabile nel pronto soccorso per l’assenza della relativa apparecchiatura, che si sarebbe dovuto reperire ed infondere sangue, che si sarebbe dovuta allestire la sala operatoria e si sarebbero dovuti pure reperire in orario notturno i chirurghi per l’esecuzione dell’intervento di splenectomia. La pronunzia analizza in dettaglio i tempi per le diverse operazioni e perviene alla conclusione che pur a seguito di visita tempestiva l’evento letale con elevata probabilità non si sarebbe potuto evitare.