CORTE DI CASSAZIONE PENALE – Lettera denigratoria al Presidente di un Ordine dei Medici: delitto di diffamazione. Sussiste il requisito della comunicazione con più persone, atto ad integrare il delitto di diffamazione nella condotta di colui che invii una lettera denigratoria al Presidente di un Ordine professionale (sentenza nr. 26560/14).
FATTO: Il Tribunale di Genova, con sentenza del 22/9/2011, a conferma di quella emessa dal locale Giudice di pace, ha condannato —, — e —, sia penalmente che civilmente, per diffamazione in danno di —–.Secondo l’accusa, condivisa dai giudici di merito, il Dott. —, che era in contrasto col Dott. —, sollecitò — e — a rendere dichiarazioni che mettevano in cattiva luce il —- per condotte asseritamente tenute nello svolgimento dell’attività professionale – e provvide ad inoltrare le stesse al presidente dell’Ordine dei Medici di Genova, affinché avviasse nei confronti del — iniziative disciplinari. Ha presentato ricorso per Cassazione, nell’interesse del solo —, l’avv. Costa Paolo, il quale censura la sentenza con tre motivi. Col primo si duole che sia stato ravvisato il reato di diffamazione nell’invio di una missiva al Presidente dell’Ordine dei Medici, nonostante si trattasse di atto destinato alla conoscenza di una sola persona. Col secondo si duole della motivazione spesa sull’elemento soggettivo del reato, che è stato ravvisato nella forma del dolo eventuale nonostante l’assenza di prova in ordine alla prevedibilità dell’evento non direttamente voluto. Sottolinea che lo scritto era contenuto in busta chiusa indirizzata al Presidente dell’Ordine (e non all’Ordine) e che non è stato spiegato perché l’imputato avrebbe dovuto prefigurasi la possibilità che il contenuto della missiva fosse conosciuto da più persone, visto che non poteva conoscere, ed effettivamente non conosceva, le prassi interne all’Ordine relative alle modalità di apertura della corrispondenza. Col terzo si duole della mancata applicazione dell’art. 51 c.p., nonostante le diverse indicazioni provenienti dalla Suprema Corte per casi analoghi.
DIRITTO: La Corte di Cassazione ha rilevato che non costituisce elemento idoneo ad escludere il dolo di diffamazione la circostanza – addotta dal ricorrente – di non conoscere le prassi, interne all’Ordine, relative alle modalità di apertura corrispondenza, giacché ciò che rileva, nella specie, non sono le "prassi" suddette, ma le attribuzioni dell’Ordine, che — certamente conosceva (o doveva conoscere) e che sapeva avrebbero comportato la circolazione della notizia nell’ambiente medico. Pertanto sussiste il requisito della comunicazione con più persone, atto ad integrare il delitto di diffamazione (art. 595 c.p.), nella condotta di colui che invii una lettera denigratoria al Presidente di un Ordine professionale, considerato che la destinazione alla divulgazione può trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volontà del mittente-autore, anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo, disciplinare) che deve essere "ex lege" portato a conoscenza di altre persone, diverse dall’immediato destinatario, sempre che l’autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi . La segnalazione di comportamenti scorretti, tenuti da un membro dell’Ordine, è destinata, per sua natura, ad essere conosciuta all’interno dell’Ordine stesso, perché da luogo, per norma (vedi D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, artt. 38 e segg., di esecuzione del D.Lgs. 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse), ad una istruttoria disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine o Collegio della provincia nel cui Albo il medico è iscritto, a cui partecipano una pluralità di soggetti, tra cui, oltre al Presidente, i membri della Commissione chiamata a decidere sull’archiviazione o l’instaurazione del procedimento disciplinare.