CORTE DI CASSAZIONE PENALE – Rifiuto del ricovero in ospedale: il medico non è responsabile se poi il paziente muore (sentenza nr. 4957/14).
FATTO: Il Dott. —- è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Napoli per rispondere del decesso di —, sopraggiunto intorno alle ore 12.40 del — per arresto cardiaco. Secondo l’accusa, il Dott. —., medico presso il pronto soccorso dell’ospedale —, ove il — si era portato per un insistente dolore al torace, ne ha cagionato la morte per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia. In particolare, per avere omesso di valutare adeguatamente i sintomi di una sindrome coronarica acuta di tipo ischemico già in atto, nonchè di consigliare al paziente di sottoporsi ad osservazione clinica al fine di effettuare elettrocardiogrammi, dosaggi dei marcatori cardiaci e tutti i controlli ed esami di laboratorio necessari per chiarire la natura e le cause del dolore lamentato.Lo stesso — è stato chiamato a rispondere, oltre che del delitto di omicidio colposo, anche del reato di cui all’art. 479 c.p., per avere, nella qualità sopra indicata, redatto e rilasciato il referto medico n. —, nel quale era stato falsamente attestato che il — aveva rifiutato l’osservazione che era stata consigliata dal sanitario.
DIRITTO: La Corte di Cassazione ha rilevato che “davanti ai sintomi denunciati dal —, l’imputato, secondo quanto dallo stesso riferito, pur davanti ai risultati delle analisi già eseguite, ritenuti entro i limini della norma, avesse consigliato il paziente di fermarsi in ospedale per eseguire ulteriori e più approfonditi accertamenti, e come lo stesso avesse rifiutato, adducendo anche esigenze di lavoro, ed avesse lasciato l’ospedale dopo avere firmato la liberatoria”. Nulla di più avrebbe potuto, quindi, pretendersi dal medico, che aveva correttamente consigliato al paziente di fermarsi in ospedale in osservazione. Deve, peraltro, aggiungersi che, se è vero che non risulta agli atti che l’imputato abbia segnalato il rischio di una crisi coronarica, è anche vero che l’invito a fermarsi in ospedale per ulteriori accertamenti, dopo l’esito di un elettrocardiogramma ai limiti della norma, non poteva che implicare l’esigenza di approfondire il quadro clinico proprio sotto il profilo cardiologico. “E non è pensabile che il medico, ove anche non avesse apertamente indicato il rischio di una crisi coronarica – comunque non prevedibile nell’intensità con la quale si è poi manifestata – non abbia almeno spiegato che gli accertamenti da eseguire erano proprio diretti ad escludere ipotizzabili patologie di natura cardiaca”.