La Suprema Corte ha affermato che la sanzione disciplinare e quella penale, da irrogarsi nei confronti di un professionista, hanno finalità, intensità ed ambiti di applicazione diversi per cui non è possibile pervenire a una loro identificazione. L’azione disciplinare, infatti, è promossa indipendentemente dall’azione penale relativa allo stesso fatto, e ben può il procedimento disciplinare proseguire anche dopo il giudicato penale di condanna con pena accessoria. Tra l’altro la diversità di natura delle sanzioni è confermata anche dalla circostanza che la pena accessoria può, come le altre sanzioni penali, estinguersi nel corso del tempo per amnistia oppure per effetto della riabilitazione, laddove la permanenza degli effetti della sanzione disciplinare ne evidenzia la specifica afflittività. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che in tema di giudizio disciplinare nei confronti dei professionisti, in caso di sanzione penale per i medesimi fatti, non può ipotizzarsi la violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo in relazione al principio del ne bis in idem, in quanto la sanzione disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ad un ordine professionale ed è preordinata all’effettivo adempimento dei doveri inerenti al corretto esercizio dei compiti loro assegnati, sicché ad essa non può attribuirsi natura sostanzialmente penale.
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