La Suprema Corte rileva che le conseguenze dannose della premorienza, ossia per non aver avuto una vita che si sarebbe protratta più a lungo, nel corso del giudizio vanno distinte a seconda che la morte sia indipendente o dipendente dall’errore medico. In altri termini, in caso di morte indipendente dall’errore medico, gli eredi del defunto hanno diritto iure successionis a un risarcimento del danno non patrimoniale parametrato alla vita effettiva del dante causa danneggiato, anziché a quella statisticamente probabile; in caso di morte dipendente dall’errore medico, gli eredi del defunto hanno diritto iure proprio a un risarcimento del danno da quantificarsi sulla base delle conseguenze eziologicamente riferibili alla negligenza, imprudenza o imperizia del sanitario.
Dunque, secondo la Cassazione la congiunta attribuzione di un risarcimento per il danno da premorienza e per il danno da perdita di chance di sopravvivenza costituisce, di regola, un’illegittima duplicazione risarcitoria. Invero, se la morte è intervenuta, è smentita l’incertezza eventistica che costituisce il fondamento logico, prima ancora che giuridico, del danno da perdita di chance di sopravvivenza. Tuttavia, è eccezionalmente configurabile il cumulo tra i due tipi di danno quando, accanto al danno da premorienza è ravvisabile altresì, tenendo conto di tutte le peculiarità del caso concreto e quale conseguenza pressoché certa dell’errore medico, la perdita della chance, seria, concreta e apprezzabile, di vivere ancora più a lungo.