La Suprema Corte ha affermato che sussiste responsabilità medica nel caso della mancanza da parte del medico non solo della valutazione dell’adeguatezza delle linee guida al caso concreto, ma altresì dell’individuazione della regola cautelare per prevenire il rischio della rottura dell’utero che, nel contesto specifico, non era affatto imprevedibile. Pertanto, per il fatto che la gestante avesse in passato già subito due cesarei con correlata cicatrice, che presentasse algie pelviche e che accusasse i segni premonitori del parto malgrado la mancata dilatazione dell’utero, si imponeva, secondo le buone prassi mediche, quale condotta doverosa, il monitoraggio costante della paziente. La sua omissione ha correttamente indotto la Corte territoriale a ravvisare la colpa grave nella puntuale applicazione dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, nel giudizio sulla gravità della colpa deve tenersi conto, oltre che delle specifiche condizioni del medico, del suo grado di specializzazione e della situazione specifica in cui si è trovato ad operare, della natura della regola cautelare violata, in quanto l’eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle stesse da parte del sanitario.
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