La Suprema Corte ha affermato che la cartella clinica redatta da un medico di un ospedale pubblico produce effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica e documenta, altresì, le attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità. Trattasi di atto pubblico che esplica la funzione di diario del decorso della malattia e di altri eventi clinici rilevanti, sicché i fatti devono esservi annotati contestualmente al loro verificarsi.
Ne deriva che le attestazioni rese dal pubblico ufficiale mediante annotazione su cartella clinica, e sui documenti che vi accedono, quali il diario clinico e la scheda di dimissioni ospedaliere, debbono rispondere ai criteri di veridicità del contenuto rappresentativo, nonché di completezza delle informazioni, di immediatezza della redazione rispetto all’atto medico descritto e di continuità delle annotazioni, in quanto finalizzate ad asseverare, con fede privilegiata, non solo la verbalizzazione dell’atto medico, ma anche la successione cronologica degli interventi, delle diagnosi, della prognosi e delle prescrizioni. La descrizione dell’intervento contenuta nella cartella clinica deve dunque essere completa, oltre che veritiera, non potendo essere tale onere assolto attraverso l’implicito rinvio ad altri atti.