La Suprema Corte ha affermato che in considerazione del fatto che nell’attività medica devono includersi anche quelle operazioni che non hanno come obiettivo primario la diagnosi e la cura di una patologia ma che mirano all’eliminazione di un inestetismo per il tramite di tecniche chirurgiche o da eseguirsi in anestesia, ai fini della configurabilità del reato di abusivo esercizio della professione medico-chirurgica, non assume alcun rilievo il carattere non convenzionale e sperimentale del tipo di trattamento terapeutico praticato, se questo presenti caratteristiche di invasività e incidenza sull’organismo del paziente i cui effetti possono essere valutati solo da professionisti muniti di apposita abilitazione.
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