La Suprema Corte nel precipuo intento di fare chiarezza circa gli elementi che possono incidere sul coefficiente salvifico di probabilità statistica idoneo a ricondurre causalmente l’evento al comportamento omissivo del medico, ha ribadito che, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. In particolare, nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, occorre dare corso ad un giudizio predittivo in cui il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta.
In altri termini, i dati indiziari dovranno essere attentamente scrutinati, singolarmente e nel loro complesso, dall’organo giudicante, anche avvalendosi del parere degli esperti, al fine di offrire una ragionevole e convincente spiegazione in ordine alla concreta “attitudine” degli stessi ad incidere in maniera significativa sul coefficiente probabilistico di natura scientifico/statistica, incrementandolo in maniera tale da rendere (eventualmente) “elevato” il giudizio di “credibilità razionale” dell’ipotesi per cui, se il medico avesse adottato l’intervento omesso, il paziente si sarebbe salvato”.