Interrogazione e risposta del Governo – Criteri per la diagnosi della sindrome ADHD e monitoraggio degli psicofarmaci somministrati a bambini. L’ampliamento dei criteri per la diagnosi della sindrome di ADHD (sindrome da iperattività e deficit di attenzione) e l’abbassamento dell’età in cui può essere diagnosticata, ha creato un aumento dei bambini che possono essere considerati potenzialmente malati, con il conseguente aumento del consumo di farmaci ritenuti specifici per il suo trattamento. In Italia, secondo i dati riportati nel registro dell’ISS, la diagnosi complessiva di ADHD si aggira intorno all’1 per cento, mentre secondo uno studio citato nel documento AIFA, l’incidenza della diagnosi di ADHD si dovrebbe aggirare intorno al 3 per cento. Negli USA la percentuale di bambini con sindrome ADHD nel 2007 sarebbe stata del 9,5 per cento, per un totale complessivo di circa 5,4 milioni di bambini. Gli specialisti che propendono per questa sindrome mettono in primo piano la base genetica, tuttora non convalidata, e segnalano la specificità della sindrome rispetto ad altri disturbi come la depressione, il disturbo oppositivo provocatorio, il disturbo della condotta o anche semplici manifestazioni di forte rabbia che pur mostrando una analoga sintomatologia, rimandano però a cause diverse e possono essere causa di comorbidità. Si chiede come si intenda intervenire per individuare criteri chiari per la diagnosi della sindrome da ADHD, riducendo il disagio che si crea nei bambini e nelle loro famiglie quando sono obbligati a dare prestazioni al di sopra delle loro capacità e dei loro livelli di maturità e come si intenda monitorare il consumo di psicofarmaci nell’infanzia per evitare che l’inappropriatezza della somministrazione crei nel tempo danni ancora maggiori nello sviluppo dei bambini. Il sottosegretario Vito DE FILIPPO, intervenuto in Commissione Affari Sociali nella seduta del 5 marzo 2015, risponde all’interrogazione rilevando che la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) ha una prevalenza che oscilla nel mondo, a seconda dei Paesi e delle modalità utilizzate, tra l’uno e l’otto per cento della popolazione in età evolutiva, intendendo con tale termine gli individui compresi tra 6 e 18 anni d’età. L’Istituto Superiore di Sanità nel 2005 ha stimato in circa l’uno per cento la prevalenza attesa di ADHD nella popolazione italiana. Nel nostro Paese sono attive iniziative volte alla presa in carico globale del minore con ADHD: il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha attivato da due anni un master sulla sindrome, rivolto agli insegnanti della scuola primaria e secondaria; inoltre è attivo da tempo un confronto costruttivo tra Istituzioni e Associazioni dei pazienti. Con riferimento al monitoraggio e alla appropriatezza prescrittiva dei medicinali indicati per l’ADHD la prescrizione deve essere effettuata su diagnosi e piano terapeutico dei centri specialistici, individuati dalle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano (Centri di Riferimento), coordinandosi con i servizi territoriali di neuropsichiatria infantile, i medici pediatri di libera scelta o il medico di medicina generale che ha il paziente tra i propri assistiti, e con inserimento nel Prontuario della distribuzione diretta. Inoltre, poiché presso l’Istituto Superiore di Sanità nel 2007 è stato istituito il Registro nazionale ADHD, ai fini della prescrizione del farmaco, i Centri regionali di riferimento sono tenuti a trasmettere all’Istituto i dati previsti dal “Protocollo diagnostico e terapeutico della sindrome da iperattività e deficit di attenzione per il Registro Nazionale ADHD”. Il programma è nato con la finalità di garantire il monitoraggio e l’accuratezza diagnostica dell’ADHD e l’appropriatezza prescrittiva dell’eventuale terapia farmacologica. Al momento della costituzione del citato Registro, la fascia d’età entro cui effettuare la diagnosi venne indicata tra i 6 ed i 18 anni Paola BINETTI , replicando, rileva l’importanza di effettuare una diagnosi relativa all’ADHD prima dei sei anni, consentendo così un migliore inserimento nel percorso scolastico. Sottolinea, inoltre, l’utilità dei registri relativi a tale sindrome come strumento di controllo e monitoraggio, anche sull’impiego dei farmaci e sull’evoluzione legata alla crescita. Ritiene, però, che l’iscrizione in tali registri debba essere fatta con estrema cautela, evitando inserimenti basati su dati superficiali.
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