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Detenzione di medicinali scaduti in uno studio odontoiatrico

Cassazione Penale  – Detenzione di medicinali scaduti in uno studio odontoiatrico La Corte di Cassazione ha affermato che la detenzione per la somministrazione di medicinali guasti o imperfetti non integra il reato consumato previsto dall’art. 443 c.p., ma ben può concretare, in tesi – come originariamente contestato, del resto, ai ricorrenti nel presente giudizio – una ipotesi di tentativo punibile ex art. 56 c.p. quando costituisca atto idoneo diretto in modo non equivoco alla somministrazione e sia accompagnata dalla consapevolezza del guasto o della imperfezione del medicinale.Sentenza n. 24704/15

FATTO: Il Tribunale di Matera, con sentenza deliberata il 4 giugno 2012, assolveva A.E. e S.G. – rispettivamente titolare e direttore sanitario dello studio odontoiatrico-laboratorio odontotecnico denominato "Centro Dentale", dal delitto di tentata somministrazione di medicinali guasti (capo 1 della rubrica) e dalla contravvenzione di gestione non autorizzata di una struttura privata in cui si praticano attività sanitarie (capo 2 della rubrica), reati ad essi contestati in concorso. La contestazione scaturiva da un sopralluogo eseguito dai carabinieri del N.A.S. di (OMISSIS), che aveva accertato l’esistenza in (OMISSIS), in un immobile di pertinenza degli imputati, di una struttura sanitaria regolarmente in attività senza che fosse stata rilasciata la prescritta autorizzazione regionale nonché la detenzione, all’interno dei due locali adibiti a studio odontoiatrico, di specialità medicinali ad uso medico scadute di validità tra il luglio (OMISSIS)

DIRITTO: Questa Corte, investita della questione se nella fattispecie delineata nell’art. 443 c.p., che punisce il fatto di chi "detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti" debba ricadere soltanto la somministrazione di medicinali imperfetti o se in essa possa, invece, comprendersi anche la detenzione per la somministrazione, aveva aderito alla linea interpretativa più ampia, affermando che la detenzione di medicinali guasti o imperfetti per la somministrazione cade sotto la previsione di cui all’art. 443 cp., non avendo nessun fondamento la distinzione tra detenzione per il commercio e detenzione per la somministrazione, per la ragione che sia l’una che l’altra rendono probabile, o quanto meno possibile, l’utilizzazione concreta del medicinale guasto o imperfetto a scopo terapeutico, che il legislatore ha inteso evitare e prevenire con la norma incriminatrice citata, tale indirizzo interpretativo però, a partire da Sez. 1, n. 4140 del 10/02/1995 – dep. 14/04/1995, P.M. in proc. Sdutto ed altri, Rv. 200793 è stato sottoposto a serrata critica e motivatamente disatteso anche in successive pronunce.In particolare nella richiamata sentenza n. 4140 del 1995, alla cui motivazione espressamente si rinvia, muovendo dalla premessa che l’art. 443 c.p. punisce "chi detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti", si evidenzia, lucidamente, come, dinanzi a tale inequivoco elemento testuale, non può assimilarsi alla detenzione per il commercio la detenzione per la somministrazione, senza ricorrere all’applicazione analogica della fattispecie incriminatrice, con violazione dei principi di legalità e di tassatività della norma penale. Ne consegue che la detenzione per la somministrazione di medicinali guasti o imperfetti non integra il reato consumato previsto dall’art. 443 c.p., ma ben può concretare, in tesi – come originariamente contestato, del resto, ai ricorrenti nel presente giudizio – una ipotesi di tentativo punibile ex art. 56 c.p.quando costituisca atto idoneo diretto in modo non equivoco alla somministrazione e sia accompagnata dalla consapevolezza del guasto o della imperfezione del medicinale).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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