Mancano due giorni al Convegno che il 12 giugno, a Terni, farà il punto sulle “Dichiarazioni anticipate di volontà”.
Nel capoluogo umbro, infatti, i medici e i dentisti italiani destineranno la giornata di venerdì prossimo a quello che ormai è passato alla cronaca con il nome di “Testamento Biologico”.
Dopo una mattinata dedicata all’ascolto delle più autorevoli società scientifiche, delle associazioni dei cittadini e dei pazienti e all’intervento di giuristi ed esperti di comunicazione – che interloquiranno con la Commissione Deontologia della FNOMCeO, a coronamento di una collaborazione che va avanti da lungo tempo – il “confronto di opinioni” del pomeriggio verterà interamente sul Disegno di Legge in materia di Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, ancora in discussione alla Camera.
Ad esso parteciperanno Michele Saccomanno, Raffaele Calabrò, Antonio Palagiano, Livia Turco: l’Ufficio Stampa ha voluto porre alcune domande al presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco, che coordinerà i loro interventi.
La FNOMCeO, in qualità di Ente Ausiliario dello Stato, è stata consultata durante la stesura del DDL sulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento”? Lo sarà di nuovo, ora che il testo è approdato alla Camera?
«La FNOMCeO è stata consultata in Audizione presso la competente Commissione Sanità del Senato e abbiamo quindi depositato un parere, che ravvisiamo in alcuni passaggi del dispositivo legislativo. Probabilmente saremo nuovamente chiamati alla Camera dove è approdato il testo. Bene, ci stiamo preparando a questo appuntamento attraverso un largo coinvolgimento delle Società medico-scientifiche e delle Associazioni di tutela dei pazienti, al fine di sviluppare proposte condivise di miglioramento».
E come potrebbe il testo essere migliorato?
«Siamo di fronte a una materia complessa e delicata, che deve trovare equilibri condivisi, in un contesto di forti diversità.
Equilibri tra i profili giuridici, etici e civili dell’autonomia del paziente –con i suoi eventuali limiti nelle scelte di fine vita – e di quella del medico – con i suoi eventuali limiti nelle scelte in scienza e coscienza – il tutto inquadrato dal ruolo ma anche, a nostro avviso, dai “limiti” dello Stato nel legiferare su materie così delicate. In altre parole, come andiamo ripetendo, dovrebbe essere un “diritto mite” a delineare i confini giuridici di ogni atto legislativo e invece un’”etica forte” a definire i contenuti professionali della moderna alleanza terapeutica, fondata sull’autonomia e la responsabilità dei due soggetti della relazione di cura.
Il testo legislativo, varato dal Senato, risente nelle sue formulazioni giuridiche e scientifiche di questo clima di incertezze, evidenziando, a nostro giudizio, aree di inadeguatezze da correggere».
Un esempio?
«Un punto non sufficientemente chiaro del Ddl nella formulazione proposta è il fatto che il medico – e non il paziente – abbia l’ultima voce in capitolo sulle scelte del paziente stesso, nonostante l’esistenza di un testamento biologico. Certamente il medico ha in capo a sé l’obbligo di tutela del paziente. Già dall’edizione del 1998, però, il nostro Codice Deontologico, a questo proposito – all’articolo 38- recita: “il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato”.
Un’altra incongruenza è che il DDL, così come formulato, si applica solo allo stato vegetativo».
Può spiegarci meglio?
«Nel testo è presente una contraddizione tra il primo comma dell’art. 3 – che si riferisce ad una previsione generale di ricorrere a disposizioni anticipate di trattamento (Dat) in caso di futura incapacità di intendere e volere – e il comma 6 dello stesso articolo che invece prevede che la Dat “… assume rilievo nel momento in cui è accertato che il soggetto in stato vegetativo non è in grado di …”. Questa incertezza della norma, sicuramente da chiarire, probabilmente riflette la preoccupazione del legislatore di normare le Dat relativamente agli stati vegetativi, che costituiscono una entità nosologica ben definita e distinguibile per diagnosi, assistenza e prognosi da tutte le altre condizioni di danno corticale acquisito determinanti un’irreversibile perdita delle funzioni corticali (della coscienza di se stessi e del mondo circostante), con mantenimento o conservazione di importanti funzioni del tronco encefalico (funzioni vegetative)».
Uno dei punti salienti del ddl è il rapporto fiduciario tra paziente e medico, formulato nel principio che riconosce come “prioritaria l’alleanza terapeutica”. Un’affinità di vedute con il vostro Codice Deontologico… Qual è, in proposito, il pensiero della FNOMCeO?
«Nell’ultima versione del nostro Codice Deontologico, approvato nel dicembre 2006, abbiamo ulteriormente rafforzato i principi fondanti la moderna relazione medico-paziente, nell’ottica di una alleanza terapeutica.
Per la nostra deontologia, ogni alleanza terapeutica è un incontro unico e irripetibile di diritti e doveri, di libertà e responsabilità, di saperi e di domande, di valori etici e civili, di consenso e dissenso sulle scelte da compiere in ragione di scienza e coscienza.
Un’alleanza siffatta, se guidata da un diritto mite che disegna – sotto il profilo giuridico – i confini invalicabili delle scelte (no all’eutanasia, all’abbandono terapeutico, all’accanimento terapeutico) e, parimenti, se illuminata da un’etica forte del valore della vita e della salute, in capo agli autori dell’alleanza stessa (paziente – famiglia / medico – servizi di cura), è a nostro giudizio l’unico ambiente idoneo a dare risposte proporzionate, condivise ed accettabili alle domande più difficili che la medicina moderna sempre più spesso pone».
Autore: Redazione FNOMCeO