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D(i)ritti alla Salute. È l’articolo 32 della Costituzione

A distanza di tredici anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione, effettuata in tutta fretta proprio alla scadere di quella legislatura, oggi si fa concreta una sorta di “riforma della riforma”, in particolare dell’articolo 117 alla lettera m: il Senato, infatti, lo scorso 8 agosto, ha approvato in prima lettura proprio la modifica di quella lettera m che riguarda la determinazione dei livelli essenziali di assistenza, delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per la sicurezza alimentare e per la tutela e sicurezza del lavoro.

E così, un primo passo in avanti è stato fatto nel senso di garantire uguali diritti a tutti su tutto il territorio nazionale, vista l’esperienza di questi tredici anni, che, in virtù di quella riforma del 2001, ha portato a 21 servizi regionali, in un’altalena infinita di spinte e controspinte che si sono verificate in ogni singola regione: il risultato è stato che ogni singolo cittadino si è trovato ad avere un diverso sistema sanitario di riferimento a seconda della regione in cui si trovava ad avere la residenza. Combinazione, come le 21 lettere dell’alfabeto, una diversa dall’altra, perdendo di vista il fatto che tutt’e 21 le lettere fanno parte di un unico alfabeto.

Per quel passo in avanti compiuto al Senato, ha svolto un ruolo ed oggi esprime la propria soddisfazione l’associazione culturale “Giuseppe Dossetti. I valori, tutela e sviluppo dei diritti” Onlus, che, proseguendo il percorso avviato lo scorso 7 marzo, ha convocato a Roma, martedì 25 novembre, gli Stati generali della Salute per fare il punto, ma soprattutto per ribadire la stretta correlazione tra l’articolo 117, in fase di revisione, e l’articolo 32 della Costituzione, che resta il principale riferimento quando si tratta il tema del diritto alla Salute, che, per definizione, dev’essere uguale per tutti da Bolzano a Lampedusa, come si usava dire una volta. Cioè negli anni ’70-’80, quando nacque il Servizio Sanitario Nazionale, la legge 833 del 1978. Ma, col passare del tempo, cambiano orientamenti e sensibilità: attorno al 2000, si arrivò a parlare di regionalismo ai limiti del federalismo, il Censis parlava di devolution della devolution (criticandola) e la riforma del 2001 fu figlia del modo di sentire in quel momento.

Nel documento dell’associazione “Dossetti”, è significativo il titolo “Salute: il Diritto che non c’è. I motivi del fallimento del federalismo sanitario”. Con il coinvolgimento di tantissimi soggetti istituzionali, centri di ricerca e operatori sanitari, il documento analizza lo scostamento che ha determinato quella riforma del 2001 rispetto al dettato costituzionale rimettendo così al loro posto alcuni paletti fondamentali: sussidiarietà, leale collaborazione e proporzionalità. Tutti elementi che in questi 13 anni hanno subito la diaspora di 21 orientamenti diversi. Dal 2007, si è affacciata la crisi economica strutturale, non ciclica, aggravata dalle politiche di austerità che stanno spingendo verso la recessione l’area euro e l’Italia in particolare. Motivo in più per affermare, in controtendenza con l’attuale momento, che è ora di finirla: “Occorre invertire una politica recessiva che ha visto nel welfare solo un costo”, si legge nel documento, che denuncia un vero e proprio smantellamento del welfare.

Come per l’economia, anche nelle politiche per il welfare devono ripartire gli investimenti per superare i tanti divari che separano non soltanto il Centro-Nord dal Sud, ma che si sono determinati anche all’interno di singole regioni, anche al Nord. Come dire che in Italia ci sono più Mezzogiorni e non solo quello geograficamente conosciuto. È in gioco la sostenibilità del sistema, che invece va difeso e niente tentazioni ad approdare a un’idea di sistema assicurativo che accentuerebbe le diseguaglianze. E più di così nella Sanità non si può tagliare. Parla espressamente di ribaltamento dei paradigmi l’associazione “Dossetti”: “Il PIL non può e non deve essere un concetto meramente economico”. Chiaro no? Ed ecco la dose rinforzata: “La ricchezza di un Paese è, infatti, direttamente proporzionale al livello di Salute e Cultura garantiti. Il Diritto riconosciuto espressamente all’articolo 32 della Costituzione va tutelato nel rispetto del suo contenuto intrinseco. Per tali ragioni, occorre definire politiche di sviluppo sostenibili atte a ridurre malattie ed accrescere il livello di salute della popolazione”.

L’evento, che si è tenuto nella sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, è stato presieduto da Claudio Giustozzi, segretario nazionale dell’associazione “Dossetti” e moderato da Claudio Gustavino dell’IRCCS San Martino di Genova e da Walter Gatti. Tantissimi gli interventi (da Francesco De Lorenzo a Marino Nonis, da Elio Borgonovi a Ivan Cavicchi, da Domenico Iscaro a Pierluigi Russo) tutti concordi nella valutazione negativa, o, quanto meno, critica sui risultati del regionalismo all’italiana, che si è tradotto in un centralismo regionale “fai da te”, nel senso che ciascuna Regione ha fatto per conto suo. Ognuna per sé e nessuna per le altre, mandando in cantina il principio della sussidiarietà. E invece, come ha detto Carla Collicelli, Vice-direttrice del Censis, “qui occorre una sussidiarietà verticale e orizzontale e quando si parla di sostenibilità, non va intesa soltanto dal punto di vista economico, ma soprattutto sociale, dopo anni nei quali si è affermato un neostatalismo regionale e dove gli aumenti di spesa sono stati legati all’appesantimento delle burocrazie e delle sovrastrutture. Abbiamo assistito all’allargamento della forbice delle diseguaglianze con maggiore evidenza nelle Regioni più deboli. Nessun meccanismo di redistribuzione finanziaria e su LEA, costi standard e piani di rientro non si è fatto nulla, niente riqualificazione, niente riequilibrio. Questo è il quadro nel quale si è determinato un arretramento dei diritti”.

Viene in mente la necessità di avviare una nuova stagione dei diritti, come afferma anche l’associazione “Dossetti”, tema, questo, ampiamente trattato in recente volume di Stefano Rodotà: “Il diritto di avere diritti”. Ecco, è proprio questo il punto, oggi.

Autore: Redazione FNOMCeO

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