Esercizio abusivo della professione

Corte dei Conti Veneto  – Esercizio abusivo della professione –  Falso medico condannato al pagamento della somma di euro 2.113.606,06 in favore dell’ U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino –  Il Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento del tutto prevalente della giurisprudenza contabile, che, coerentemente con la combinazione di elementi risarcitori e sanzionatori propria della responsabilità amministrativa, ha ormai da tempo affermato che la prestazione resa in via di fatto ed in assenza dei necessari titoli di studio e abilitativi determina danno erariale e non certo utilità per l’ente pubblico. (Sentenza n. 1075)

FATTO: La Procura Regionale della Corte dei conti per il Veneto conveniva, dinanzi questa Sezione Giurisdizionale, il signor M. Alessandro Maria, in via principale ed a titolo di dolo, nonché il sig. M. Riccardo, in via sussidiaria e a titolo di colpa grave, per sentirli condannare al pagamento, in favore dell’Azienda U.L.S.S. n. 5, rispettivamente della somma di € 2.113.606,06 e dell’importo di euro 685.020,17, il tutto oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio. L’Organo requirente ha contestato al sig. M. di aver esercitato indebitamente la professione di medico per ventiquattro anni nell’ambito della Azienda U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino, così come appurato in sede penale, senza essere né laureato, né conseguentemente abilitato e iscritto presso l’Ordine dei Medici di Vicenza, avendo, l’odierno convenuto, contraffatto il diploma di laurea, il titolo di abilitazione professionale e l’iscrizione all’Ordine dei Medici.

DIRITTO: Il materiale probatorio acquisito, sia autonomamente che dal procedimento penale, rende del tutto incontroversa la responsabilità dolosa del convenuto, che, come peraltro ammesso dallo stesso interessato in sede di interrogatorio nel procedimento penale, ha esercitato la professione di medico per ventiquattro anni nell’ambito della Azienda U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino, senza essere né laureato, né specializzato, né conseguentemente abilitato  e iscritto presso l’Ordine dei Medici di Vicenza, per giunta mediante falsificazione, ripetuta nel tempo, di documentazione amministrativa. Indipendentemente dai diversi riferimenti teorici relativi al nesso eziologico, appare evidente come dalla descritta condotta dolosa del M. sia derivato un considerevole danno per l’erario, che l’Organo requirente ha quantificato in euro 2.113.606,06. Relativamente alla quantificazione del danno erariale, l’Organo requirente ha ritenuto, sulla base di un computo trasmesso dall’Amministrazione, di chiedere la condanna del M. al risarcimento di euro 2.113.606,06, pari al costo totale sostenuto dall’Azienda sanitaria a fronte della attività resa dal convenuto dall’anno 1989 all’anno 2012. Con riguardo peraltro al caso di specie, il Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento del tutto prevalente della giurisprudenza contabile (in particolare, Sez. Appello Sicilia, sent. n. 243/2012 e pronunzie ivi richiamate), che, coerentemente con la combinazione di elementi risarcitori e sanzionatori propria della responsabilità amministrativa, ha ormai da tempo affermato che la prestazione resa in via di fatto ed in assenza dei necessari titoli di studio e abilitativi determina danno erariale e non certo utilità per l’ente pubblico. Affermazione peraltro di palmare evidenza in relazione ad un soggetto che, pur non essendo laureato in medicina, ha ritenuto di potere esercitare l’attività di dirigente medico nell’ambito di un’azienda sanitaria, in tal modo generando, piuttosto che le rivendicate utilità collettive o aziendali, una surreale e perdurante situazione di detrimento organizzativo e funzionale, con grave esposizione a rischio per i fruitori del servizio. Orbene, appare di tutta evidenza come la manifesta violazione della normativa sui titoli di studio e sui titoli abilitativi necessari all’esercizio della professione medica, per giunta presidiata da tutela penale e perpetrata mediante attività di falsificazione ed impiego fraudolento di documentazione amministrativa, abbia nel contempo leso sia norme imperative che principi di c.d. ordine pubblico (cosiddetti “di protezione”), cui la norma civilistica testé richiamata fa espresso riferimento (cfr. Sez. appello Sicilia, sentenze: n.154 del 2006; nn. 127 e 234 del 2010; n.127 del 2011).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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