Esercizio abusivo della professione

Cassazione Penale Sentenza n. 30827/17 – Esercizio abusivo professione – L’art. 348 c.p. è norma penale in bianco perché presuppone l’esistenza di altre disposizioni, integrative del precetto penale, che definiscono l’area oltre la quale non è consentito l’esercizio di determinate professioni: l’errore sulle norme da esso richiamate è quindi parificabile a errore sulla legge penale e non ha valore scriminante ex art. 47 c.p.

FATTO E DIRITTO: La
sentenza n. 2176/2016 della Corte di appello di Trieste ha confermato
la condanna inflitta dal Tribunale di Trieste a Z.T. ex art. 348 cod.
pen. per abusivo esercizio della professione di consulente del lavoro,
ma ha ridotto la pena. Nel ricorso di Z. si chiede annullarsi la
sentenza per: a) mancanza dell’elemento psicologico del reato ex art.
348 cod. pen. stante che, come risulta dalla documentazione prodotta nel
giudizio, Z. rappresentò compiutamente la sua situazione alla Direzione
provinciale del Lavoro (Ispettorato del Lavoro) di Trieste; b)
violazione dell’art. 47 c.p., comma 3, per essere l’imputato incorso in
erronea rappresentazione di elementi materiali del reato e non in errore
di diritto, cancellandosi dall’Ordine dei dottori commercialisti e
ritenendo che la contestuale iscrizione all’Istituto nazionale revisori
legali fosse sufficiente per espletare il lavoro; c) disconoscimento
delle circostanze generiche, trascurando la buona fede del ricorrente.
L’art. 348 c.p. è norma penale in bianco perché presuppone l’esistenza
di altre disposizioni, integrative del precetto penale, che definiscono
l’area oltre la quale non è consentito l’esercizio di determinate
professioni: l’errore sulle norme da esso richiamate è quindi
parificabile a errore sulla legge penale e non ha valore scriminante ex
art. 47 c.p. . In questo quadro normativo, la Corte di appello ha così
argomentato (pag. 2): " Z., successivamente alla sua cancellazione
dall’albo dei commercialisti, si è occupato per vari anni, a partire dal
26 febbraio 1999, reiteratamente, della tenuta e della trasmissione di
documentazione fiscale, attività esplicitamente riservate ai
professionisti iscritti all’albo, la pretesa buona fede dell’imputato
deve escludersi con sicurezza, alla luce della qualifica professionale
specializzata del medesimo, il cui grado di diligenza richiesto nella
conoscenza della normativa in oggetto era maggiore, con conseguente
esclusione della pretesa inevitabilità dell’errore (…) errore di
diritto, in quanto tale inescusabile, alla luce delle specifiche
competenze professionali del prevenuto, il quale ben avrebbe potuto
accertare, presso gli organi competenti, i requisiti indispensabili per
il legittimo svolgimento dell’attività professionale abusivamente
esercitata". Questa conclusione vale a fortiori se come congruamente
considerato, con esiti convergenti, dai giudici di merito – il
ricorrente non era agli inizi della sua carriera professionale, avendo
per molti anni operato proprio in un settore che necessariamente lo
rende edotto delle questioni in materia. La Corte di Cassazione ha
 rigettato  il ricorso e condannato  il ricorrente al pagamento delle
spese processuali)

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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