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Esercizio abusivo di professione di medico psichiatra e truffa aggravata a danno dei pazienti

Cassazione Penale Esercizio abusivo di professione di medico psichiatra  e truffa aggravata a danno dei pazienti – Condannato un falso medico psichiatra che ha approfittato per un lungo periodo di tempo in modo abituale dello stato di debolezza fisica e psichica di numerosissimi pazienti. Le circostanze di persona che, ai sensi dell’art. 61, comma 1, n. 5, c.p., aggravano il reato quando l’agente ne approfitti, possono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo; esse devono risultare favorevoli all’agente, ovvero essere da lui conosciute, nonché tali da ostacolare, in relazione alla situazione fattuale concretamente esistente, la reazione dell’Autorità pubblica o dei privati parti lese, agevolando in concreto la commissione del reato, in quanto determinanti uno stato di minorata difesa della vittima tale da facilitare l’impresa delittuosa. (Sentenza n.13933/15)

FATTO: Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Bologna, adito ex art. 310 c.p.p., in parziale accoglimento dell’appello cautelare presentato dal P.M., ha disposto l’applicazione a N.C. , in atti generalizzato, della misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine ai reati di cui agli artt. 348 e 640, comma 2-bis, c.p., per abusivo esercizio delle professioni di psicologo e psicoterapeuta, nonché di medico psichiatra, e truffa aggravata in danno dei pazienti.
Contro tale provvedimento, l’indagato (con l’ausilio di un avvocato iscritto all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p..

DIRITTO: Questa Corte (Sez. II, sentenza n. 6608 del 14 novembre 2013, dep. 12 febbraio 2014, CED Cass. n. 258337) ha già chiarito che la circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma, 1, n. 5, c.p. è tradizionalmente ritenuta configurabile quando l’agente approfitti di circostanze a lui favorevoli, di tempo, di luogo o di persona (anche in relazione all’età), da lui conosciute e che abbiano, in relazione alla situazione fattuale in concreto esistente, ostacolato la reazione dell’Autorità pubblica, o dei privati parti lese, agevolando in concreto la commissione del reato, in quanto determinano uno stato di “minorata difesa” (di qui l’espressione con la quale la circostanza aggravante de qua è generalmente indicata) tale da facilitare l’impresa delittuosa (così per tutte Cass. pen., Sez. V, sentenza n. 33682 del 5 luglio 2010, CED Cass. n. 248175).
Le circostanze “di persona” (quelle in relazione alle quali sono state articolate le doglianze del ricorrente), riferite alla persona della vittima del reato, devono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica del soggetto passivo in cui questi si trovi per qualsiasi motivo (Cass. pen., Sez. I, sentenza n. 6848 del 12 marzo 1991, CED Cass. n. 187649; Sez. II, sentenza n. 29499 del 10 giugno 2009, CED Cass. n. 244969). Per “trarre profitto” dalle suddette circostanze, occorre che l’agente ne sia stato a conoscenza e se ne sia intenzionalmente avvantaggiato, pur se la situazione di fatto che ne abbia determinato il verificarsi sia insorta occasionalmente o, comunque, indipendentemente dalla sua volontà. La valutazione della sussistenza delle circostanza aggravante de qua richiede generalmente una disamina caso per caso: “il numero 5° dell’articolo 65 [ora 61] (…) considera come aggravante l’aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, tali da ostacolare la pubblica o provata difesa.  Il Tribunale del riesame, con rilievi giuridicamente corretti, nonché esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il ricorrente non si confronta con la necessaria specificità, in concreto riproponendo più o meno pedissequamente le analoghe doglianze già proposte in sede di riesame, ha compiutamente indicato gli elementi valorizzati per ritenere la sussistenza attuale di rilevanti esigenze cautelari e giustificare l’adeguatezza della misura impostagli (f. 10 s.: la protrazione della condotta “per un assai lungo periodo di tempo in modo abituale” in danno di “numerosissimi pazienti”, la cui incolumità psico-fisica era stata talora messa a repentaglio da prescrizioni controindicate “in rapporto alle patologie sofferte”; la “particolare spregiudicatezza” del comportamento dell’indagato, che aveva, in particolare, proseguito l’esercizio abusivo delle professioni – quanto meno fino al gennaio 2014 – anche dopo i controlli sfociati nella denuncia e nei sequestri del luglio 2013

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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