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Espressioni denigratorie dirette ad offendere la reputazione dei propri colleghi di reparto dell’ospedale

Cassazione Penale Espressioni denigratorie dirette ad offendere la reputazione dei propri colleghi di reparto dell’ospedale – La Corte di Cassazione ha affermato che, con riferimento al caso di specie, le dichiarazioni dell’imputata sono riconducibili all’esercizio del diritto di critica tecnico-scientifica. Invero l’affermazione circa il divieto di uso del forcipe è ovviamente un’iperbole, volendo significare che si tratta di una pratica rischiosa ed obsoleta. La ricorrente, in quanto medico già in servizio presso il nosocomio indicato, ha, invero, inteso esercitare legittimamente, il suo diritto di sindacare (non rileva se fondatamente o meno) la struttura e l’organizzazione del lavoro, nonché il modus operandi dei suoi colleghi. Sentenza n. 34395/15

FATTO: . Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Torino, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, confermando la affermazione di responsabilità nei confronti di C.M. in relazione al delitto ex art. 595, commi 1 e 3, c.p. ha rideterminato in melius il trattamento sanzionatorio ed ha ridimensionato l’ammontare della provvisionale. Ricorre per cassazione il difensore e rileva che  le dichiarazioni della imputata erano relative all’ospedale e non ai singoli medici. Neanche viene nominato il reparto di ginecologia. Il c.d. "onore sociale" esiste solo per le associazioni riconosciute e il diritto di querela spetta al legale rappresentante (al direttore sanitario), con il quale, d’altra parte, la C. aveva in corso un’annosa polemica.

DIRITTO: La Corte di Cassazione ha affermato che, con riferimento al caso di specie, “si deve osservare che certamente non manca la continenza, non essendosi l’imputata servita di espressioni volgari e nemmeno esorbitanti. Quanto al requisito della verità, in sentenza non si nega l’uso del forcipe, nè che il reparto fosse sfornito di sala operatoria. Nel resto le dichiarazioni della C. sono riconducibili all’esercizio del diritto di critica tecnico-scientifica. Invero l’affermazione circa il divieto di uso del forcipe è ovviamente un’iperbole, volendo significare che si tratta di una pratica rischiosa ed obsoleta. La ricorrente, in quanto medico già in servizio presso il nosocomio sopra indicato, ha, invero, inteso esercitare legittimamente, il suo diritto di sindacare (non rileva se fondatamente o meno) la struttura e l’organizzazione del lavoro, nonché il modus operandi dei suoi colleghi”. Al tempo stesso la Corte di Cassazione ha rilevato che è stato, già da anni, ritenuto che le espressioni denigratorie dirette nei confronti di singoli appartenenti ad un’associazione od istituzione possono, al contempo, aggredire anche l’onorabilità dell’entità collettiva, cui essi appartengono, entità alla quale, conseguentemente, anche compete la legittimazione ad assumere la qualità di soggetto passivo di delitti contro l’onore. Ne consegue che, quando l’offesa assume carattere diffusivo (nel senso che essa viene ad incidere sulla considerazione di cui l’ente gode nella collettività), detto ente, al pari dei singoli soggetti offesi, è legittimato alla presentazione della querela ed alla successiva costituzione di parte civile e ad esso compete eventualmente la facoltà di proporre impugnazione. Ovviamente il principio è assolutamente reversibile, nel senso che un’offesa formulata a carico di un soggetto collettivo ben si può estendere ai singoli componenti dello stesso).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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