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Etica medica e Filosofia a confronto in un corso dell’Ordine di Foggia

Un tema, o meglio, un atto etico per eccellenza qual è il giuramento professionale medico derivato dall’antico giuramento di Ippocrate, e uno strumento metodologico, come il dialogo socratico: sono gli "ingredienti" dell’evento formativo ECM realizzato dall’OMCeO della provincia di Foggia e intitolato, per l’appunto, "Giuramento di Ippocrate e Dialoghi Socratici"

Il progetto è strutturato come un ciclo di incontri (quatto a frequenza settimanale), rivolto a piccoli gruppi di medici, massimo 20. Conclusa positivamente la prima esperienza, sono previste altre riedizioni del corso, date le numerose richieste di partecipazione giunte agli organizzatori.

Il progetto nasce dall’incontro tra un medico (il “formatore etico”), Angelo S. Graziano, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Foggia, nonché coordinatore e della Commissione per la Psicoterapia e le Medical Humanities e presidente AS.P.I.N. Onlus (Associazione Promozione Interculturale Neuroscienze), e un consulente filosofico (“l’informatore filosofico”), Stefano Gramazio. Entrambi – il “formatore etico”, seguace di Ippocrate, e l’“informatore filosofico”, seguace di Socrate – credono che l’incontro tra Etica Medica e Filosofia, antiche discipline riscoperte nelle cosiddette Medical Humanities, possa essere riattualizzato. Scopriamo come in questa doppia intervista.

Dottor Graziano, è possibile partendo dal testo del giuramento professionale, approfondire i temi etici della professione?
Il tema del giuramento professionale, è stato indicato nel titolo del Corso come Giuramento di Ippocrate per sottolineare un ideale incontro tra il medico Ippocrate e il filosofo Socrate coevi nella Grecia del IV secolo a.C.
Ci siamo chiesti se, anche oggi, il medico potesse essere ideale seguace del giuramento di Ippocrate, atto etico per eccellenza da 25 secoli , e se questo riferimento potesse essere ancora utile nella formazione dei medici.
Il vigente Codice Deontologico prevede una formazione obbligatoria in materia tecnico-scientifica, etico-dentologica e gestionale-organizzativa .
L’Etica che etimologicamente significa costume, condotta sociale è fatta spesso coincidere con il termine Morale (dal latino mores = costumi, abitudini sociali), attiene al codice morale personale e non al codice deontologico della categoria professionale. La formazione etica presuppone una chiara e sincera volontà di confronto. Come insieme di valori da condividere l’Etica non prevede sanzioni, previste invece nel Codice Deontologico.
I principi etici contenuti nel Giuramento di Ippocrate sono rimasti in buona parte inalterati anche nella Carta Europea dell’Etica Medica approvata nel giugno del 2011 a Kos, patria di Ippocrate.

Vi sono differenze tra l’antico Giuramento di Ippocrate e il moderno Giuramento professionale?
Sono fondamentali le differenze circa il rapporto medico – paziente. Il medico delineato nell’antico Giuramento di Ippocrate è un medico dedito al bene del paziente nel contesto di un rapporto di tipo paternalistico, basato sul presupposto che la natura tecnica e spesso complessa dell’atto medico rendesse molto difficile, e in alcuni casi impossibile, per un paziente prendere decisioni nel proprio interesse. Di conseguenza era sottinteso che tutte le decisioni mediche dovessero essere prese dal medico, e che la necessità di informare il paziente dei dettagli dovesse limitarsi a quegli aspetti che ne avrebbero garantito la collaborazione. Il medico oggi con il giuramento professionale deve rapportarsi ad un paziente diventato protagonista attivo e consapevole della propria salute e del proprio diritto alla salute. Nel vigente Codice Deontologico Medico del 2006, si parla di alleanza terapeutica e il paziente è una persona con cui condividere il percorso diagnostico e terapeutico.

Ha una proposta particolare per i giovani medici neolaureati?
Nella Giornata del Giuramento il giurando, accompagnato da parenti ed amici nella sua nuova Casa professionale, l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, diventa professionista al servizio dei pazienti. Visto il carattere irripetibile di questa cerimonia stiamo ipotizzando per i neolaureati una giornata di formazione dedicata all’indagine critica delle premesse etico-dentologiche della professione medica. Una sorta di scala di valori di riferimento, per prendere decisioni con consapevolezza e senso di responsabilità conoscendo gerarchia etiche di priorità.

A cosa potrebbe portare una riscoperta del valore etico ?
L’etica attiene alla sfera individuale dei valori, e la sua riscoperta può rappresentare la bussola del corretto agire professionale con pazienti, famigliari e colleghi. Il corso che abbiamo voluto supera la logica della lezione frontale e dell’informazione. Propone una formazione in piccoli gruppi per porsi domande a partire dalle proprie idee e dalle esperienze professionale.
Questa esperienza formativa può diventare un prezioso momento di riflessione e di discussione per la comunità medica della Capitanata in occasione delle prossime Giornate Mediche Daune, programmate per il 4-5-e 6 ottobre 2012, che avranno come tema “L’etica nella professione, nella formazione e nella ricerca”.

Dottor Gramazio, nel definirsi "informatore filosofico" in che rapporto vorrebbe porsi con i medici?
Mi piace immaginare di entrare nello studio dei medici come un informatore di “strumenti filosofici” ponendo interrogativi e non risposte e soluzioni. Noi siamo ciò che pensiamo e talvolta quando le nostre idee si ammalano occorra prendersene cura.
Cattive posture logiche, se non corrette, possono generare inquietudini, disagi, errori, relazioni tossiche.
Vorrei ricordare ai medici che filosofare è come osservare le cose da un’altra prospettiva.
Filosofare è dunque un “divenire chiari a se stessi”, un modo diverso di approcciarsi alla vita professionale e alle sue problematiche, uno spostare lo sguardo, mettendo a fuoco ciò che risulta sbiadito.

Come pensa sia oggi l’agire del medico ?
Non se quanto possa essere condiviso ma vedo spesso un medico che pensa a cosa curare “in fretta” senza interrogarsi abbastanza sul come. Vedo un medico spinto dal risultato e dall’emergenza, che elaborare efficaci terapie per portare a guarigione il paziente. E facendo ciò accade spesso che smetta di interrogarsi. Come intrappolato nella cultura terapeutica, sembra non abbia più tempo per porre domande che indaghino i fondamentali del “fare medicina”.

Cosa vorrebbe proporre al medico?
Il medico è a mio avviso assorbito da una tecnica che nel dare soluzioni sempre pronte ha finito per sacrificare la relazione. Il medico abituato a dare risposte e prescrivere farmaci, ha dimenticato come saper “sostare nella domanda”, e dovrebbe reimparare a guardare il malato e non solo i suoi organi.
Ogni giorno, il fare medicina comporta innumerevoli implicazioni etiche e deontologiche. Eppure, la dimensione etica viene lasciata amministrare da una non ben definita coscienza individuale, come fosse un giudice infallibile.

Come presenterebbe la coscienza ai medici?
Ogni medico quotidianamente, deve fare i conti con decisioni e scelte che riguardano la vita degli altri, deve armonizzare il proprio orizzonte valoriale con le indicazioni deontologiche, con la filosofia di vita del paziente, o con le indicazioni e la mission dell’azienda per cui lavora. Senza retorica il medico si ritrova a fare delle scelte nelle zone di confine, all’ombra del dubbio, nella solitudine di un ambulatorio, nel silenzio delle notti.
Credo che per il medico sia necessario attrezzarsi alla “coscienza” nei giorni di quiete per quando verrà la tempesta. Addestrarsi a gestire le crisi, muoversi nella complessità, condividere con altri soluzioni possibili, aprirsi ad un pensare altro, rivisitare il già pensato e l’abitudinario.

Secondo lei, in che modo è possibile coniugare la filosofia con l’economia?
Le legittime richieste di contenimento della spesa nella sanità, chiedono di rinunciare a tutto ciò che non è produttivo, utile. Vorrei proporre al medico di fare “filosoficamente” prevenzione, educando i pazienti a vivere la malattia come una dimensione imprescindibile della condizione umana e a considerare alcuni disagi non necessariamente da medicalizzare o psicologizzare – scegliere un sano stile di vita – fare un uso responsabile dei farmaci – sottoporsi a controlli periodici: non è tutto ciò un lungimirante modo di gestire le risorse sanitarie ed evitare gli sprechi?

Quali nuovi approcci, quali nuovi sguardi auspica come informatore filosofico nella professione medica?
Si potrebbe partire per un viaggio nei meandri della medicina da parole note che presentano suggestioni affascinanti. Come la malattia, dimensione con la quale, ogni giorno, i medici inter-agiscono.
La malattia è uno scenario complesso che andrebbe rivisitato con maggiore consapevolezza. La malattia è sempre una rottura biografica, una questione esistenziale perché impone una forma di vita, stravolge l’esistenza quotidiana e la possibilità di fare progetti. La malattia impone di riordinare la gerarchia delle priorità, ridisegna lo scenario del possibile e del desiderabile. La malattia modifica il senso delle cose. In Asia dopo una malattia si diventa sciamani, saggi. E da noi quanto viene appresso dal malato?
Anche il dolore è un universo tutto da esplorare: nel momento in cui viene percepito è già interpretato, trascurando quell’area di indeterminatezza tra normalità e malattia, e la differenza fra il dolore percepito dal paziente e quello compreso dal medico. Potremmo continuare chiedendoci in che modo si declina l’alleanza terapeutica, quanto si possa rivisitare il linguaggio e migliorare le modalità di comunicazione nella relazione.

Dunque, che obiettivi comuni fra medicina e filosofia riesce a intravedere?
La medicina cerca di scoprire la malattia e curarla. La filosofia vorrebbe capire cosa rimanendo inespressa, nel progetto vita di una persona, possa ancora generare salute, almeno in parte e quindi ben-essere. Metticciando questi due approcci sarà possibile guardare a un equilibrio della persona, anche nella malattia .

Autore: Redazione FNOMCeO

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