Competitiva e preparata, entusiasta della professione che svolge e proiettata al successo, eppure attenta alla propria dimensione privata di madre, moglie, nonna. Tanti ruoli da ricoprire e aspirazioni da soddisfare che, però, inevitabilmente rischiano di diventare causa di frustrazione. Questo il quadro della professione medica al femminile sul territorio padovano che emerge dall’indagine “Paradigmi professionali e tempi di lavoro e vita dei medici”, realizzata nello scorso autunno dall’Ordine dei Medici di Padova in collaborazione con il Comitato Pari Opportunità delle tre aziende sanitarie locali (Azienda Ospedaliera di Padova, Azienda ULSS 16 e Istituto Oncologico Veneto) e la Facoltà di Statistica dell’ateneo patavino.
Obiettivo dello studio definire i paradigmi professionali e le aspettative di carriera presenti tra i medici, oltre a far emergere i principali aspetti connessi alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Un’occasione, dunque, per conoscere il contesto sanitario padovano ed esplorarne i possibili scenari futuri. Scenari che – a Padova come nel resto del Paese e del mondo – vedono nelle donne medico le protagoniste indiscusse. Se è vero, infatti, che le professioni sanitarie nel loro complesso hanno sempre avuto una marcata connotazione femminile, è altrettanto evidente che il boom dei camici in rosa è non solo un fenomeno contemporaneo (basti pensare alla netta prevalenza di studentesse tra gli iscritti alla Facoltà di Medicina), ma destinato a subire un’ulteriore accelerazione negli anni a venire.
Andiamo nel dettaglio dell’indagine. Il questionario strutturato è stato somministrato, tra settembre e novembre 2010, a tutti i medici della provincia di Padova. Medici che sono stati raggiunti anche via email e che in diversi casi hanno fornito direttamente online le proprie risposte. Sui 1821 questionari inviati, 609 sono stati compilati: dunque, ha risposto il 34% del campione, rappresentato per oltre l’80% da medici ospedalieri o universitari. In quanto al genere dei rispondenti, lieve prevalenza delle donne (53%) rispetto agli uomini (47%).
Il primo risultato che emerge dalla ricerca è il fatto che per le donne medico il peso familiare sia maggiore rispetto ai colleghi uomini, anche se il peso orario risulta determinante per entrambi i sessi (9,37 ore di lavoro al giorno per l’uomo contro le 8,97 delle donne). In sostanza, a prescindere dal genere, i medici non hanno praticamente tempo da dedicare alle attività sociali, essendo assorbiti dagli impegni lavorativi e familiari.
Nelle famiglie in cui è presente un componente che svolge la professione di medico, appare prevalente una divisione dei ruoli “tradizionale”: alle donne spetta la gestione delle faccende quotidiane (ad esempio, la preparazione dei pasti), mentre gli uomini si occupano dell’extra-quotidiano. Nel 30% dei casi, invece, è presente un modello familiare condiviso, che implica spesso il ricorso a servizi di collaborazione familiare.
Nessuna differenza di paradigma professionale tra maschi e femmine: la competenza professionale, corroborata da esperienza e da un’adeguata formazione, costituiscono i fattori principali che determinano la carriera del medico, a prescindere dal genere di appartenenza. Genere che, invece, entra in gioco in riferimento alla scelta delle specialità, che nel caso delle donne spesso appare condizionata dall’esigenza di conciliare vita lavorativa e familiare. Ecco, dunque, che esse sono orientate alle discipline tradizionalmente “femminili”, quali medicina generale, pediatria, neuropsichiatria infantile, allergologia, ginecologia e ostetricia, odontoiatria.
L’altro lato della medaglia è che le donne risultano più condizionate dal lavoro nelle scelte familiari rispetto agli uomini. Una considerazione che viene suggerita da alcuni dati della ricerca: il 44% delle dottoresse under 35 non è sposato, così come non lo è il 17% delle donne medico tra i 36 e i 50 anni, mentre gli uomini non sposati nella stessa fascia d’età sono pochissimi; ancora, nel medesimo range d’età le dottoresse con due figli sono il 45% contro il 74% dei colleghi maschi; le donne che arrivano ai vertici di carriera single o separate sono il 30%, gli uomini si fermano al 10%; e sempre il 30% dei medici in rosa non ha figli, mentre i maschi che non hanno figli sono solo il 13%, perché è dimostrato che fanno più carriera le donne nubili senza figli rispetto alle donne sposate e con figli.
Ultimo flash sulla carriera: il 37,84% dei rispondenti è insoddisfatto del livello raggiunto nel percorso professionale (donne 21,96%, maschi 15,88%). Un dato che apre il problema dell’impegno profuso nel lavoro che non sembra concretizzarsi in termini di avanzamento di ruoli e remunerazione.
Gli autori dell’indagine hanno proposto di istituire a Padova di un Tavolo Tecnico Interistituzionale, che – proprio a partire dalle indicazioni emerse dallo studio – dia vita ad un nuovo modello organizzativo. Un modello, per il momento sperimentale, capace di rispondere in maniera appropriata alle trasformazioni in atto nella Sanità, evidenziando gli aspetti più urgenti e critici su cui intervenire.
Nelle scorse settimane, inoltre, il questionario (in parte rivisto sia nella forma che negli obiettivi) è stato inviato a tutti gli iscritti degli OMCeO del Veneto, e anche lo stesso gruppo di ricerca ha visto allargati i propri “confini” all’intera realtà ordinistica regionale. Gli attuali componenti del gruppo sono i dottori Antonella Agnello (OMCeO Padova), Caterina Boscolo e Manuela Piai (Venezia), Eleonora Benetti e Annalisa Zanon (Vicenza), Alessandra M. Geremia (Treviso), Giovanna Cellini (Belluno), Silvana Bortolami (Comitato Pari opportunità Interaziendale – Azienda Ospedaliera di Padova) e il professor Luigi Fabbris (Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova).
Per maggiori dettagli sull’iniziativa invitiamo a visitare il sito dell’Ordine di Padova: www.omco.pd.it.
Autore: Redazione FNOMCeO