Internet e la medicina: un rapporto ancora poco esplorato, almeno in Italia. È per questo che il collega giornalista Walter Gatti, mettendo a frutto anche la sua esperienza come direttore del Portale FNOMCeO, ha pensato di raccogliere in un libro una serie di interviste, testimonianze, esperienze, storie su “Sanità e web: come internet ha cambiato il modo di essere medico e malato in Italia” (Collana I Blu, ed. Springer-Verlag Italia).
In vista del Convegno di Padova sulla Cybermedicine, che lo annovera tra i relatori, l’Ufficio Stampa ha voluto porgli, su questo argomento, qualche domanda.
Lei ha da poco pubblicato il volume “Sanità e web”. Come è nata l’idea – o forse, l’esigenza – di questo libro che ha svelato, citando le sue parole, “pregi e difetti della comunicazione digitale” in Sanità?
Il libro è nato dall’osservazione di molti anni dell’universo comunicativo che ruota attorno alle problematiche della salute e della professione medica. Un universo vastissimo e che rappresenta dal punto di vista degli utenti una delle quote maggiori dell’intera popolazione dei "navigatori on-line". Ebbene: quel mondo, già ben analizzato negli Usa, in Inghilterra e in altri Paesi europei, non aveva ancora uno studio specifico realizzato in Italia. Ho cosi provato a raccontare storia e protagonisti di un settore che credo importante in quanto, come sottolinea nei prossimi giorni il convegno di Padova, mette in una nuova relazione medici, pazienti, cittadini, strutture sanitarie, editori, istituzioni e media. Con conseguenze fantastiche – se ben gestite – oppure deleterie, se il tutto è lasciato al caso.
Il suo libro si apre con un’intervista a Salvino Leone, fondatore dell’Istituto siciliano di Bioetica. Leone fa intendere come l’avvento di Internet abbia trasformato il patto terapeutico tra il medico e il suo paziente in un “menage a trois”. Secondo la sua esperienza di giornalista, in questo rapporto qual è il ruolo di chi fa comunicazione sanitaria via web?
Mi piace ricordare che quella osservazione del professor Leone è stata presentata proprio durante un convegno tenuto a Padova, ed anche in quel caso era un evento promosso dalla FNOMCeO. Sicuramente il rapporto medico-paziente si è trasformato con il web in un Ménage à trois. Anche prima di oggi gli strumenti della comunicazione offrivano ampie possibilità di empowerment ai cittadini, si pensi alla diffusione crescente dei magazine di salute e stili di vita, oppure alle numerose trasmissioni televisive dedicate alla salute. Ma mai come oggi, grazie al web, c’è la possibilità per tutti di accedere a risorse scientifiche e cliniche grazie alle quali costruirsi una propria cultura da contrapporre alla cultura del medico curante. In questo scenario, è ovvio che il compito dei giornalisti è sempre più quello di essere mediatori consapevoli: la posta in gioco è altissima, perché oggi le ricadute di una informazione selvaggia e priva di regole etico – professionali sono tali da mettere in serio pericolo il mantenimento di quel rapporto fiduciario che è base essenziale di una qualsiasi relazione di cura.
E riterrebbe utile ed efficace l’introduzione su larga scala, anche in Italia, di un sistema di certificazione e validazione della qualità – sul modello dei principi contenuti nel Codice Hon (Health on the net) – per i siti che si occupano di salute?
La scelta di creare e condividere un sistema di certificazione dei contenuti potrebbe essere una scelta interessante e autorevole, soprattutto se alla sua realizzazione sono chiamate a partecipare le agenzie e i soggetti di riferimento. L’esperienza dell’Hon Code e della Fondazione che l’ha generato è sicuramente interessante, anche se rimane una domanda: laddove – mi riferisco alla Francia – quel sistema di certificazione e’ diventato condiviso grazie all’azione del ministero della Salute, non ha nei fatti generato un autentico cambiamento. Nel senso che i siti "certificati" non sono stati percepiti come più autorevoli degli altri. Ciò significa che i "marchi di qualità " devono essere creati, condivisi, ma poi anche ben comunicati, altrimenti diventano inutili. E anche in questo senso la funzione di una corretta progettazione comunicativa diventa essenziale.
Autore: Redazione FNOMCeO