Saverio era fatto così.
Il suo saluto quella mattina di dieci anni fa, qui a Taranto per presiedere un convegno odontoiatrico, fu una delle sue colorite, abituali (e qui irripetibili) espressioni, con cui mi attribuiva per intero e senza remissione la colpa della lombalgia che il lunghissimo viaggio in auto aveva risvegliato.
Gli risposi a tono, come sempre, perché quello era il nostro modo di far entrare in risonanza le corde della nostra viscerale amicizia, prima di affidare il mio benvenuto all’altrettanto abituale affettuoso abbraccio dei tanti incontri.
Era a tal punto facile essere amici di Saverio Orazio che non riesco, per quanti sforzi faccia, a ricordare quando e come lo siamo diventati, quasi che il conoscersi fosse stato un riconoscersi, noi pure così lontani per paese, convinzioni politiche e, qualche volta, prospettive.
Il ricordo più intenso – se ricordo può dirsi qualcosa di tanto vivo e presente – di Saverio, in Comitato Centrale seduto proprio di fronte a me, è il suo sguardo assorto sullo schermo del portatile, perso in chissà quali strade di un universo digitale che allora quasi nasceva.
Distratto? Bastava che prendesse la parola per essere certi che in quell’apparente vagabondaggio nulla gli era sfuggito dei discorsi fatti, del dibattito, della variegata geografia delle posizioni. E le sue analisi erano sempre taglienti, chirurgiche, e non era raro che fosse proprio lui a spostare un po’ più in alto la visione delle possibili soluzioni.
Perché Saverio era fatto così, ed è molto probabile, anzi certo, che neppure adesso sia cambiato.
Ed è così che oggi mi piace immaginarlo, seduto da qualche parte sul molo infinito del sopravvivente porto degli affetti e delle speranze: che alza per un istante lo sguardo dallo schermo del suo portatile – o qualcosa di simile – per regalarmi un cenno di profonda intesa fra le pieghe del suo sorriso.
Magari anche, sottovoce, un’altra delle perifrasi che un po’ erano la cifra della nostra amicizia, proprio come quella mattina di dieci anni fa a Taranto, quasi che tutto questo tempo, con le cose belle o tragiche che l’hanno scandito, non fosse mai trascorso.
Ciao Saverio, mi manchi.
Autore: Redazione FNOMCeO