“La violenza contro gli operatori sanitari è stato il primo tema che il nuovo Comitato centrale della Fnomceo ha voluto affrontare dopo la sua elezione a gennaio, perché è il primo tema che ha in agenda in termini di importanza. È un tema sociale, in quanto si tratta di un conflitto tra cittadini e operatori, ma è anche un’emergenza di sanità pubblica, come confermano i primi dati del questionario messo online da Fnomceo, presentati il 13 settembre a Bari nel corso della Giornata nazionale della violenza contro i medici, in memoria di Paola Labriola, la psichiatra uccisa da un suo paziente. Secondo tali dati, il 50% degli intervistati (in larga maggioranza medici) ha subito, nell’ultimo anno, aggressioni verbali; il 4% è stato vittima di violenza fisica. Oltre il 38% degli operatori sanitari si sente poco o per nulla al sicuro e più del 46% è abbastanza o molto preoccupato di subire aggressioni”.
Ha ricordato le diverse iniziative messe in campo dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri per arginare l’escalation di violenza che vede come vittime medici e altri operatori sanitari il vicepresidente Giovanni Leoni, partecipando questa mattina a Roma, presso il Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, al Convegno organizzato dal Collegio Italiano dei Chirurghi (Cic) sul tema: “Aggressione ai sanitari, un fenomeno sociale?”. (QUI il programma).
“La giornata del 13 settembre a Bari ha evidenziato che ci sono tre tipi di aggressori: il violento già noto, il violento che lo sarebbe anche in altri contesti e il violento anomalo, che normalmente sarebbe mite ma se esasperato dalle circostanze diventa aggressivo – ha continuato Leoni, che ha ricordato anche la sua personale lunga esperienza in Pronto Soccorso -. Un operatore, che dedica la vita a curare gli altri, si trova improvvisamente di fronte non più il malato, ma un aggressore e non è preparato ad affrontarlo. Non dimentichiamo che, per gestire al meglio il conflitto, gli operatori devono essere in adeguate condizioni psicofisiche, altrimenti a tensione si somma tensione. Per questo, per gestire la violenza, occorrono organizzazioni adeguate, turni adeguati e risposte adeguate”.
“Altro problema è la premeditazione – ha concluso – come nei casi di Paola Labriola, che aveva più volte denunciato alle istituzioni di essere perseguitata dal suo omicida, senza ottenere protezione, e di Serafina Strano. Dobbiamo tener conto della violenza di genere, che espone a maggior rischio le donne, anche in vista della trasformazione al femminile della professione. Dobbiamo declinare in maniera diversa la continuità assistenziale, che ancora oggi vede colleghi soli in postazioni isolate, anche contro il più banale buon senso. Sono situazioni che vanno risolte tramite investimenti adeguati”.
A cura dell’Ufficio Stampa Fnomceo
Autore: Redazione