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Giuseppe Perrotta: “Tutta colpa del mare…e della luna”

Intanto il titolo e l’immagine di copertina: quel mare lì, quel cielo lì, quella luna alta sul mare. Il mare di Paola, in provincia di Cosenza, quel mare che ti fa vedere ogni sera un tramonto diverso, anche se il sole si tuffa apparentemente nello stesso orizzonte.

“Tutta colpa del mare…e della luna”. Quella luna, aggiunta in un secondo momento nel titolo sta per ricordare l’indissolubile legame tra il padre e la madre dell’autore, Giuseppe Perrotta, un medico che parla di un altro medico, di Nicolino Perrotta, medico e cardiologo che ne ha curati di cittadini calabresi durante la sua incessante attività su quel territorio. Lavorava 12, 14, 16 ore al giorno Nicolino Perrotta, esercitando la professione medica come una missione: senza retorica, ma forte nei suoi principi, nei suoi ideali, nella sua visione della vita spesa per gli altri. Così fino al 25 ottobre 1995, giorno della sua morte, a 79 anni.

Per Nicolino Perrotta valeva il giuramento di Ippocrate, un giuramento che il medico di tutti, ma soprattutto dei poveri, ha fortemente e intensamente applicato alla propria attività professionale, aderendovi, come si dice oggi, senza se e senza ma.Ma Nicolino Perrotta aveva anche altri punti di riferimento nella vita di medico e di uomo: una fede incrollabile in Dio, una devozione per San Francesco di Paola, il Santo di tutta la Calabria che proprio a Paola ha un santuario a lui intitolato, negli stessi luoghi in cui è vissuto. E proprio dal fondatore dell’Ordine dei Minimi, Nicolino Perrotta ha fatto sua nella vita una massima che lo ha sempre accompagnato: “Buono con gli umili e forte con i potenti”.

E Nicolino Perrotta l’ha condotta così la propria vita facendo il medico e, per un breve periodo del dopoguerra, con l’impegno politico nella DC, fino a quando non sono emersi gli scandali che hanno portato alla caduta dei partiti tradizionali tra in 1992 e il 1994. Nicolino Perrotta si rivolse ai principali esponenti della DC dell’epoca per manifestare il proprio distacco dalla china discendente di quel momento. L’epistolario è riportato nel libro.

Franco Scorza, che conosceva bene Nicolino, nella sua ‘non-prefazione’, parla così del titolo del libro: “Immagino sia la “colpa dei meriti” e cioè dei sentimenti, degli affetti, dei legami, della famiglia, delle opere, delle conquiste, della grandezza e di una vita bene spesa, preziosa, esemplare”. Ancora Scorza: “Ed a me pare che Nicolino Perrotta, “il grande minimo”, come mi piace nomarlo, per la sua scienza, la sua dedizione, la sua carità, la sua umiltà, il suo amore umano e divino, abbia bene meritato l’ammirazione del suo popolo e di quella “memoria” consacrata alla storia possa essere interamente degno. Tutta colpa del mare?”

Il mare c’è sempre, in tutto il libro, in tutta la vita di Nicolino e della moglie Maruzza, del figlio Giuseppe e degli altri cinque figli, nella vita dei nipoti e dei pronipoti. Una famiglia naturalmente numerosa, una famiglia del Sud. Ed è proprio Giuseppe, l’autore, che rende bene l’idea della presenza del mare, fin dalle prime righe: “Se nasci in un sereno pomeriggio d’agosto e, tra i primi profumi che avverti, ti coglie forte l’odore del mare, non hai più scampo. La tua vita è per sempre segnata…..Ed io nacqui in un sereno pomeriggio d’agosto, nell’attesa di tanti e tra l’amore, naturalmente di Mamma e di nonno Gino, chirurgo, e nonna Carmen, i miei nonni materni. A trent’anni dalla nascita di Papà, la mia nascita. E ad un tratto avvertii forte il profumo del mare. Un profumo, intenso e dolce, entrava prepotente tra quelle antiche mura. Un profumo unico, che avrei ricercato per tutta la vita”.

Vite esemplari, quelle dei Perrotta, vite da medici e da persone con valori forti, radicati. Nicolino Perrotta fu capace di terminare gli studi liceali in soli due anni al “Bernardino Telesio”, a Cosenza. Poi la laurea in Medicina e Chirurgia a Roma, dove entrò in confidenza con luminari come Frugoni, Condorelli e Pende, poi la guerra dove rischiò la vita, poi il ritorno a Paola, dove prevalse, tranne che per un breve periodo di impegno diretto in politica con la DC degli anni della ricostruzione, l’attività professionale fino allo spasimo: non conosceva ferie, non conosceva riposo, ad eccezione di quattro-cinque giorni all’anno trascorsi sulla Sila. Era così Nicolino Perrotta, che aveva acquisito l’abitudine di avviare le sue giornate con la Comunione. Prima un passaggio in chiesa, poi verso un nuovo giorno. Così per tutta la vita, vissuta nel segno del giuramento di Ippocrate e con la profonda dedizione a Dio e a San Francesco di Paola. Proprio dal Santo, fece suo il motto: “Buono con gli umili e forte con i potenti”.

Rigoroso con se stesso, fortemente amante della sua professione, Nicolino Perrotta usava dire: “Miglior medico è quello che sbaglia di meno, secondo l’ammonimento di Frugoni; l’errore è alle nostre spalle; ma il nostro impegno non è per l’infallibilità, bensì per limitare gli errori e, soprattutto, per non perseverare nell’errore. Inoltre, avere sempre la onestà e la lealtà, con sé e con gli altri, di riconoscere e proclamare, se occorre, i propri limiti, onde la necessità della collaborazione con chi ha maggior scienza ed esperienza. Si possa sempre tranquillamente, consapevolmente e umilmente, ma anche orgogliosamente dire a sé e agli altri: Io fo quel che so e so quel che fo”.

Fosse vissuto fino a oggi, forse gli sarebbe piaciuto il pensiero che ha guidato la Fnomceo per il nuovo Codice deontologico del 2006 e i successivi pronunciamenti sull’etica di fine vita o di inizio vita: un’etica forte, una legge mite. La scienza, la ricerca, la medicina non sono basate mai su verità assolute, ma sono fondate sulla cultura del dubbio, del continuo studio, della ricerca per fasi e conquiste successive. Nella testa di Nicolino Perrotta, doveva essere ben chiaro che nella missione del medico non c’è semplicemente il concetto del curare ma del ‘prendersi cura’. Sempre citando Frugoni: “Il medico è uno studente a vita”.

Lo spiega bene Giuseppe Perrotta: “Ogni azione di Papà è stata come un solco fertile, tracciato con fatica e sudore, con l’aratro della sua volontà indomita e del suo grande cuore, nel campo arido della vita a vantaggio di tutti. Mamma che ne ha smpre condiviso e incoraggiato la generosa opera, noi figli e nipoti, oggetto incondizionato del loro amore, e tutto il suo prossimo. Un solco fertile, scavato in nomine tuo, Domine”.

E San Francesco di Paola, dall’alto del suo Santuario che guarda l’intera città, avrà visto vita e opere di Nicolino Perrotta, medico e uomo, padre e amico di tanti, ma con la continua propensione ad aiutare i più deboli. Avrà visto il suo rigore scientifico e la sua grande fede, avrà messo una mano sulla sua spalla nei tanti momenti di difficoltà. L’avrà aiutato nella continua lotta per acquisire sempre maggiori conoscenze scientifiche e buona pratica medica rispetto ai naturali limiti umani. Non a caso, Nicolino Perrotta, da uomo di fede, amava citare Augusto Murri, definito dallo stesso Perrotta “eminente clinico bolognese del primo Novecento; ateo per religione ma, ancora più degno di stima, autentico Sacerdote della Scienza medica”: “Curate; se non potete curare, lenite; se non potete lenire, confortate. Comunque non mancate mai a quel patto tacito e solenne, sempre esistito tra medico e malato per cui, sino all’ultimo istante di vita, nulla si trascura per la sua salvezza”.

Giuseppe Perrotta “Tutta colpa del mare…e della luna”
Falco Editore, Cosenza – pp. 320, euro 15,00

Autore: Redazione FNOMCeO

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