Questo il titolo con cui il sito de La Stampa il 15 ottobre scorso ha lanciato una notizia che riguarda la tutela contro le bufale presenti in Rete che spesso hanno una diffusione virale (vedi).
Il “fact checking” è la verifica dei fatti raccontati dai media, che ognuno di noi può fare e condividere, per mettere in guardia su un’informazione falsa o sospetta.
“Il colosso di Mountain View- continua la testata torinese- ha iniziato a segnalare gli articoli di verifica dei fatti su diversi argomenti – dalla politica alla salute, passando per la scienza – curati da un centinaio di siti web. Nell’aggregatore di notizie Google News, la società californiana ha introdotto l’etichetta “fact check”, una sorta di bollino di garanzia che si affianca a quelli già in uso per contrassegnare diverse news (“approfondimenti”, “editoriali”, “il più citato”)”.
Molto interessante la modalità con cui questo “bollino di garanzia” viene rilasciato. In termini molto semplificati (e quindi approssimativi) si può dire che lo “spirito anarchico” che governa la Rete, attraverso una modalità operativa interna e obbligatoriamente funzionale al sistema, porta a scoprire le bufale quando questa possibilità viene condivisa dagli utenti: è la stessa filosofia di attendibilità che caratterizza l’enciclopedia on line Wikipedia che però Umberto Eco considerava lontana dall’autorevolezza dell’informazione.
Il meccanismo interno con cui queste iniziative sono accreditate si basa su una teoria di tipo statistico che caratterizza gli “exit poll” elettorali: in una contesa elettorale una falsa dichiarazione di voto è sempre bilanciata da un’altra falsa dichiarazione di voto di natura opposta.
I più o meno recenti infortuni mediatici da “exit poll” indurrebbero a non esagerare nell’ottimismo nei confronti della pur meritevole decisione presa daGoogle.
Autore: Redazione FNOMCeO
