Report n. 37/2010
GRAVIDANZA: ANCHE I PADRI TALVOLTA ACCUSANO I SINTOMI
I mariti o compagni di donne incinte accusano molto spesso un insieme di sintomi che rispecchiano la gravidanza: nausea, vomito, voglia di certi cibi e aumento di peso, e poi costipazione, doglie del parto, mal di testa e di denti, mal di reni e coliche addominali. La diffusione della cosiddetta “sindrome della Couvadè” è confermata da uno studio sullo stress della gravidanza, condotto dalla ricercatrice Irene Lichtwark dell’università di Waikato in Nuova Zelanda. Il quadro clinico della sindrome descrive tutte le manifestazioni psicopatologiche legate alla paternità, che si evidenziano nell’area psicosomatica e del comportamento.
È noto che in alcune popolazioni mentre la donna partorisce, l’uomo si chiude in una capanna e simula le sofferenze del parto. Dal punto di vista medico e psicologico è comunque interessante conoscere non tanto gli aspetti antropologici di tale somatizzazione, quanto la sintomatologia del futuro papà. «Alcuni studiosi – scrive Lichtwark sulla rivista dell’Ateneo – attribuiscono i sintomi all’ansia per la partner, altri a simpatia, (nel senso greco del termine) altri ancora la ritengono una maniera di preparasi alla paternità. Ritengo sia sbagliato attribuirli semplicemente alla ricerca di attenzione». La sindrome è stata individuata in uomini fisicamente lontani dalla partner, in partner dello stesso sesso, in madri e in suocere. E i sintomi scompaiono rapidamente dopo il parto. «È importante conseguire – aggiunge la studiosa – una migliore comprensione di questo aspetto della gravidanza. Sarebbe di aiuto a tutti coloro che sono coinvolti in una gravidanza, se vi è una migliore conoscenza.
Ad introdurre questa sindrome fu lo psichiatra inglese W.H. Trethowan nel 1965 (vedi Thretowan W.C., Conlon M.F., The Couvade Syndrome. Brit. J. Psychiatr. III 57-66). Il termine couvade deriva dal basco couver (covare), anche se altri vorrebbero farlo risalire al vocabolo lionese encovar, che significa nascondersi e fa riferimento al comportamento del padre in attesa, osservato in molte popolazioni ad esempio, nelle popolazioni del Sud America, e non solo, mentre la donna partorisce, l’uomo, come detto, si chiude in una capanna e simula le sofferenze del parto. Sembra che l’origine di questo comportamento sia nell’isola di Cipro e che da lì si sia diffuso anche in altri luoghi; secondo altri autori che hanno studiato il fenomeno invece l’origine di questo rituale sarebbe brasiliana.
Dal punto di vista medico e psicologico è comunque interessante conoscere non tanto gli aspetti antropologici di questa somatizzazione, quanto la sintomatologia osservabile nel futuro papà: perdita dell’appetito, mal di denti, mal di testa, nausea, vomito, mal di reni, coliche addominali, indigestioni, ulcere, orzaioli, tonsilliti, disturbi dermatologici, sangue dal naso e tremori muscolari.
La durata del disturbo va dal periodo della gestazione alle prime settimane successive al parto; più precisamente è stato osservato che la sintomatologia è presente intensamente nel primo trimestre di gravidanza, per poi ripresentarsi verso l’ottavo-nono mese. La percentuale di uomini che soffrono di questa sindrome è stata valutata, in diversi studi, in una percentuale che varia dal 10 al 75%. Fino al 1960 la Couvade era stata interpretata in senso psicologico come una manifestazione di disadattamento di uomini nevrotici, mentre oggi si tende a considerare i sintomi della Couvade come l’espressione somatica del sentimento di paura che il padre prova nella situazione di profondo cambiamento costituita dalla nascita di un figlio.
Tra le varie spiegazioni del fenomeno c’è quella della situazione identificatoria: profondi vissuti di empatia fra marito e moglie possono portare a una relazione identificatoria tra i futuri genitori. Questa relazione è importante anche perché costituisce il primo vero legame fra padre e bambino (vedi Clinton JF Expectant fathers at risk for couvade, Nursing Research 5 290-295 anno 1986). Secondo altri autori, alla base dell’identificazione con la gestante vi sarebbe un inconscio desiderio di maternità, con una conseguente invidia per le capacità generative della donna. Di invidia del parto ha per la prima volta esplicitamente parlato Felix Bohem nel 1930, specificando che essa sarebbe dovuta ad una mancata risoluzione della paura della castrazione tipica del complesso edipico.
P.S. Come sempre chi fosse interessato ad approfondire, la documentazione completa è a disposizione presso il Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO
Roma, 08/04/2010
Autore: Redazione FNOMCeO