A rischio di subire ritardi nella prescrizione della cura o di non potervi accedere è la fascia di popolazione a reddito medio-basso. Il trattamento prevede infatti la somministrazione del farmaco per 12 settimane e ha un costo complessivo di 84.000$. Ma gli stati hanno la possibilità di investire i sussidi governativi per la spesa sanitaria in modo autonomo. Da cui la disparità di requisiti richiesti ai pazienti e la disomogeneità di accesso al trattamento.
L’efficacia del farmaco attuale è comprovata nella quasi totalità dei casi, ha dichiarato il Dottor David L. Thomas, docente presso la Johns Hopkins University School of Medicine che ha co-presieduto la commissione autrice delle linee guida. Rilevando come la somministrazione immediata sia necessaria per evitare il rischio di cirrosi epatica ed eventuali complicanze, quali il trapianto del fegato, Thomas ha sottolineato che nel lungo termine i costi del trattamento sono vantaggiosi.
Secondo Ryan D. Clary, portavoce della National Viral Hepatitis Roundtable (tavolo che riunisce 250 organizzazioni impegnate nella lotta alla diffusione della malattia), l’inadeguata risposta politica al problema dipende in ampia parte dallo stigma culturale associato alla malattia, mentre rappresentanti del governo hanno commentato che la cautela è di natura esclusivamente economica.
In Europa il dibattito sul costo dei farmaci per la cura dell’epatite C è stato portato in luce la scorsa primavera in occasione del 50° congresso della European Association for the study of the Liver (EASL – http://ilc-congress.eu). La situazione, per la sanità pubblica italiana, presenterebbe ampie zone d’ombra, sia perché l’Italia è uno dei paesi occidentali in cui la diffusione dell’epatite C è maggiore, con circa 10.000 decessi all’anno, sia perché il numero dei pazienti in attesa di cura è destinato a crescere proprio per i costi elevati del farmaco (vedi)
A cura di S. Boggio
Autore: Redazione FNOMCeO
