E’ un manuale, con il patrocinio della Scuola Italiana di Senologia, uscito nella primavera del 2014 e recentemente riproposto in una nuova edizione, aggiornata con le interazioni dei lettori attraverso lettere, mail e commenti sui social. Ne parliamo con Gemma Martino
Il libro era stato pensato come un volume in divenire in quella relazione di cura caratterizzata da tenerezza e competenza, parole chiave necessarie per eliminare la dualità fra il curante in posizione di potere e il curato in posizione di subalternità. Il testo, rivolto ai sistemi dei curanti/curati e dei contesti mostra la capacità di raccogliere e interpretare l’esperienza complessiva della persona senza ridurlo ai suoi soli sintomi.
Gemma Martino per chiarire la natura del volume in costruzione aggiunge: Ci aspettavamo la presentazione di disagi non segnalati nel testo (esempio i disagi sessuali), la riduzione di quelli segnalati, l’apporto della riflessione di genere da parte delle studiose dei comportamenti maschili/femminili e delle curanti. Si tratta di far interagire insieme saperi medici e scientifici e la soggettività delle curate e dei curati e quella altrettanto umana delle/dei curanti. L’efficacia della cura stessa emerge in parallelo con la qualità della relazione curante/curato. Il dis-agio è circolare: quello delle persone che si ammalano si riverbera inevitabilmente sui/sulle curanti e gli sforzi e le emozioni di costoro ricadono sulle assistite. L’operazione linguistica di parlare ad entrambi rende trasparente il procedere oncologico, l’informazione, la relazione. Il lavoro di cura diventa anche un individuare e far emergere le risorse interne del curato.
Ho incontrato Gemma Martino tanti lustri fa, pescarese anche lei dice ancora oggi: ”Quando riparto da Pescara, ho sempre addosso, le ondate di vento, e i giochi di vele nel cuore” e ancora “Mi muove il senso di giustizia, la voglia di fare, e del fare con gli altri. Giustizia, dinamica del fare, con-divisione dei valori, armonia tra i ‘facenti’.
Nel 2010 con Gemma Martino ci siamo trovate a condurre un workshop esperenziale: Relazioni di senso e di cura, dove le parole di curanti e curate, emerse dalla percezione del sé in un rimando di saperi ed emozioni, erano strumento efficace di relazione terapeutica.
Questo testo compendia la sua pratica di una vita i tanti momenti, del suo intrecciare reti per l’integrazione dei saperi e delle competenze, intorno alla complessità terapeutica.
“E’ scritto da una donna e non parlato da un uomo. Ci siamo accorti solo dopo di aver capovolto gli stereotipi -dice Gemma Martino – lui fa la parte non detta e io faccio la parte della ragione. Insieme all’epistemologia “relativa e relazionale” abbiamo aggiunto, l’ottica “corporea emozionale. Con l‘umiltà della relatività abbiamo dato valore, sia ai medici stretti nella scienza tradizionale sia alle istanze, verso una guarigione globale dei pazienti aggiungendo all’epistemologia “relativa e relazionale” – “corporea emozionale”, l’ottica “sistemica complementare. È come se avessimo detto: non abbiamo certezze terapeutiche, non sappiamo come andrà.. Ma siamo qui con buoni strumenti migliorati nel tempo, e insieme possiamo percorrere questa strada con umiltà e attenzione . Nell’ottica relazionale del percorso curanti/curati ci siamo scambiati, negli anni, saperi ed emozioni, incertezze di guarigioni e sicurezze di vita presente”.
Cosa del tuo lungo percorso vorresti restasse di questo lavoro ?
“Occorre pensare la relazione come parte del dato scientifico e immetterla nella verità della scienza., perché il fare/il pensare/ il sentire dei sistemi curanti fanno parte e modificano i dati scientifici così come la unicità sistemica dei curati e dei loro sistemi di appartenenza. Vorrei inoltre evitare che i giovani ritornino a un tecnicismo e freddezza di relazioni”
Percepisco anche un messaggio più ampio rivolto ad operatori e pazienti: è necessario attivare risorse, sia per uscire dal tunnel della malattia sia per continuare a curare.
È stata ridato speranza alle pazienti, può essere ridata speranza ai medici , piegati non dal tumore ma dall’indifferenza/solitudine/
Se permane sullo sfondo l’asimmetria fra medico e paziente adesso è tangibile anche l’incontro di due disagi e solo attivando insieme le proprie risorse si potrà essere interlocutori delle istituzioni.
A cura di Annarita Frullini
Autore: Redazione FNOMCeO