3500 malati in Italia, 1000 nuovi casi l’anno: sono i numeri della Sclerosi Laterale Amiotrofica, più conosciuta come SLA, una malattia neurodegenerativa che porta ad una degenerazione dei motoneuroni e causa una paralisi totale. Attualmente non esiste cura e l’esito è infausto. Sarà dedicata alla Sla e all’insufficienza renale cronica la V edizione, che si svolgerà il 9 giugno prossimo, del Convegno nazionale sulle Cure palliative di Portonovo (AN) che, organizzato dall’Ordine dei Medici di Ancona, è ormai diventato punto di riferimento nel panorama della palliazione in Italia. QUI il programma
“La SLA certamente comporta una interazione singolare tra medico e paziente, sarà interessante approfondire l’approccio che si intende sviluppare, intrecciare in tutto il percorso di malattia, tra le cure specialistiche e quelle palliative in una continua modulazione in funzione dei bisogni della persona con SLA e delle sua famiglia – spiega Fulvio Borromei, componente del Comitato Centrale Fnomceo e Coordinatore del Gruppo di Lavoro Fnomceo sulle Cure palliative e vero ideatore e motore del Congresso. Anche l’insufficienza renale cronica pone al medico una serie di quesiti. È una patologia che vede i pazienti andare incontro ad una condizione di disabilità fisica, psichica, che compromette il benessere psicosociale. Tutto questo si interseca con il progresso tecnologico e scientifico, che ha prodotto un incremento della sopravvivenza dei pazienti in dialisi unitamente ad una maggiore adattabilità e tolleranza al trattamento dialitico. Queste sono le sfide che la palliazione vuole vincere nell’interesse
del paziente, della persona sofferente, della famiglia, della società. Perché, parafrasando il grande poeta John Donne, è vero che ‘Nessun uomo è un’Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra. È vero che ‘Ogni morte d’uomo mi diminuisce, perché io partecipo all’Umanità. Ma altrettanto vero è che il dolore di ogni uomo diminuisce me come medico, come uomo, come parte della società. E va fatto di tutto, a tutti i livelli professionali e sociali, perché ogni uomo, ogni paziente viva al meglio ogni momento del tempo che gli è dato”.
Una pietra miliare per le cure palliative è stata la Legge 38 del 2010, che ha dato impulso e sostegno alla terapia del dolore, ‘sdoganando’ l’uso dei farmaci e stabilendo il principio che la palli azione è diritto di ogni malato. A che punto è la sua applicazione? “La Legge 38 del 2010 sul trattamento del dolore rappresenta una vera svolta legislativa e professionale. Il trattamento del dolore rappresenta il filo rosso che lega i medici alle altre professioni sanitarie, ai pazienti, ai cittadini perché tutti possano sentirsi accolti, tutelati e protetti. Si dà la possibilità ai professionisti di accogliere la persona, ognuno secondo le proprie competenze, di accogliere e alleviare il suo dolore che non è solo fisico ma fatto anche di solitudine., di dare speranza alla disperazione” afferma ancora Borromei.”“Sicuramente prendersi cura delle persone è un momento importante di crescita professionale. Il prendersi cura è il punto di sintesi tra l’aspetto curativo e l’aspetto terapeutico, che diventa così ancor più efficace e appropriato nei confronti della persona malata, oltre che della malattia in se stessa”. Si parla molto di integrazione ospedale territorio, di curare il paziente al suo domicilio. Qual è, in questo sistema, il ruolo del Medico di medicina Generale? “ Sul territorio il Medico di Medicina Generale rappresenta il punto di riferimento per il paziente. Nelle fasi della vita in cui si rende necessario curare il dolore, con la Legge 38 è messo nelle condizioni di andare al domicilio del paziente, coadiuvato dall’equipe delle cure palliative, e prendere in carico il paziente nell’ambito dell’Assistenza domiciliare integrata. Questo fa sì che il paziente non si senta abbandonato ma accolto da una figura a lui familiare, che diventa ancora più prossima nei momenti di fine vita. Questa assistenza integrata, inoltre, lega i professionisti tra di loro per mettere a disposizione ognuno le proprie competenze e professionalità, in un allargamento e implementazione dell’Alleanza terapeutica. Ci sono poi gli Hospice che non sono oasi nel deserto. Sono stati in buona parte attivati su tutto il territorio italiano, da Nord a Sud, anche se in maniera disomogenea. Il nostro obiettivo è colmare anche queste disuguaglianze perché, anche per quanto riguarda la terapia del dolore, non ci siano più cittadini di serie A e di Serie B. è una battaglia di civiltà, per garantire a tutti il diritto di vivere liberi dal dolore e dal disagio”.
Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO