Il vicepresidente Giovanni Leoni è intervenuto il 30 novembre a RadioInBlu in merito alla vicenda del batterio chimera in Veneto, che al momento ha infettato 16 pazienti, causando 6 morti, e si sta diffondendo anche al di fuori della Regione.
Giovanni Leoni, che oltre a essere Vicepresidente di FNOMCeO ricopre anche la carica di Presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Venezia, ha spiegato che cos’è il batterio chimera e come si ipotizza che ne sia partita la diffusione.
“Il Mycobacterium chimaera è un batterio identificato per la prima volta nel 2004 e diffuso in natura, presente soprattutto nell’acqua potabile e, generalmente, non pericoloso per la salute umana” ha esordito Leoni. “Purtroppo si è sviluppata un’infezione a livello del circuito di raffreddamento delle macchine di circolazione extracorporea. Le cause sono in accertamento, forse gli apparecchi erano infetti in origine. Il periodo d’incubazione dopo l’esposizione al batterio è lungo, da 5 a 72 mesi, con una media di quasi 17 mesi. I segni sono aspecifici e comprendono affaticamento, febbre e perdita di peso. Alla fine poi, sviluppa un’infiammazione cronica che colpisce polmoni, cuore e tessuti molli. Un’infezione difficile da curare, potenzialmente mortale – infatti ci sono stati 6 casi di decesso sui 14 accertati – e che si cura con terapie antibiotiche combinate.”
“La problematica è dell’incidenza si è rivelata su 1.5 ogni 1000 interventi, quindi il periodo interessato è stato di 8 anni, dal 2010 al 2017, e i soggetti potenzialmente interessati sono 30.000. Il contagio avviene tra macchina e uomo e la diagnosi è una classica diagnosi di tipo microbiologico, con prelievi, colture, esami strumentali; e la Regione Veneto, che ha costituito una task force di contrasto e di richiamo per tutti i casi potenzialmente infetti, si è costituita come parte civile contro la ditta fornitrice” ha dichiarato Leoni. “Le macchine sono state disattivate, il problema è che deve essere valutata ancora la potenzialità, perché secondo le statistiche ci aspettiamo circa 40 casi potenziali su tutta la coorte di pazienti interessata da questo tipo di procedure cardiochirurgiche di tipo protesico, cioè su cui sono state montate valvole e device.”
Autore: Redazione