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Illecito da violazione del diritto al consenso informato

Cassazione Civile – Illecito da violazione del diritto al consenso informato. La lesione del diritto ad esprimere il c.d.consenso informato da parte del medico si verifica per il solo fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sulla persona del paziente di atti medici senza avere acquisito il suo consenso. Risulta evidente che la circostanza che l’intervento medico non preceduto da acquisizione di consenso sia stato, in ipotesi, risolutivo della patologia che il paziente presenta non è idonea di per sé ad eliminare i danni conseguenza così individuati. Infatti la verificazione del beneficio derivante dalla sua esecuzione in ogni caso non potrebbe in alcun modo compensare almeno la "perdita" della possibilità di scegliere di non sottoporsi all’intervento. (Sentenza n. 12205/15)

FATTO: S.D.S.  ha proposto ricorso per cassazione contro l’Azienda A.U.S.L. di Chieti, B.U., R. G. e C.F., nonchè contro la Unipol Assicurazioni s.p.a. (incorporante per fusione l’Aurora Assicurazioni s.p.a., già Siad Ass.ni. s.p.a.) e la Sara Assicurazioni s.p.a., l’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia s.p.a., la Milano Assicurazioni s.p.a., la s.p.a. Reale Mutua Assicurazioni, la Zurigo Assicurazioni s.p.a., la Assicurazioni Generali s.p.a. e la Lloyd Adriatico s.p.a., avverso la sentenza del 13 settembre 2011, con la quale la Corte d’Appello di L’Aquila ha rigettato il suo appello contro la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Chieti il 3 marzo 2004 sulla controversia introdotta da essa ricorrente nel dicembre del 1997 per ottenere il risarcimento dei danni a suo dire sofferti in occasione di un intervento chirurgico cui si era sottoposta il 24 novembre 1995 presso l’Ospedale di Chieti.La domanda era stata proposta contro la struttura sanitaria, il B. quale direttore del reparto di ginecologia del detto ospedale e capo dell’equipe che aveva eseguito l’intervento, il R. ed il C. quali assistenti all’intervento, nonché contro altri tre medici, nei confronti dei quali il ricorso non è stato proposto. Nella sua prospettazione l’attrice deduceva che l’intervento chirurgico che era stato programmato presso la struttura sanitaria convenuta per l’asportazione di una cisti ovalica destra e per il quale aveva prestato il consenso, si era esteso, d’iniziativa del dottor B. e durante la sua esecuzione, ad una laparatomia, una isterectomia totale, una anessectomia bilaterale, una appendicectomia ed omentectomia. Ciò, in ragione della evidenziazione, nelle more dell’intervento originario, da parte di un anatomapatologo all’uopo richiesto di un esame istologico, di una diagnosi di presenza di un adenocarcinoma, presenza poi confermata da successivi esami bioptici. 3. La Corte aquilana, investita nel merito di un motivo di appello in ordine all’esclusione della responsabilità a motivo del carattere dovuto e risolutivo per la salute del’attrice dell’estensione dell’intervento chirurgico e di altro motivo di gravame riguardo all’esclusione della responsabilità per violazione del consenso informato, li ha rigettati entrambi. Al ricorso per cassazione della D.S. ha resistito con controricorso soltanto l’A.U.S.L. di Chieti.

DIRITTO: La lesione del diritto ad esprimere il c.d.consenso informato da parte del medico si verifica per il solo fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sulla persona del paziente (in ipotesi anche senza un’ingerenza fisica, potendo trattarsi di atti medici che si risolvano in una intromissione nella sfera psico-fisica del paziente ed assumano quindi efficienza su di essa senza alcuna materialità, cioè anche soltanto tramite attività persuasiva costituente atto medico, come nel caso dell’intervento eseguito da un medico psichiatra) di atti medici senza avere acquisito il suo consenso. Risulta evidente che la circostanza che l’intervento medico non preceduto da acquisizione di consenso sia stato, in ipotesi, risolutivo della patologia che il paziente presenta non è idonea di per sé ad eliminare i danni conseguenza così individuati. Ciò è di tutta evidenza nel caso delle perdite di cui s’è appena detto. E’ infatti palese che il beneficio tratto dall’esecuzione dell’intervento in queste ipotesi non "compensa" la perdita della possibilità di eseguirne uno meno demolitorio e nemmeno uno che, se eseguito da altri, avrebbe provocato meno sofferenza. La verificazione del beneficio derivante dalla sua esecuzione in ogni caso non potrebbe in alcun modo compensare almeno la "perdita" della possibilità di scegliere di non sottoporsi all’intervento. Possibilità che è preservata dal diritto al consenso informato. nel caso di specie, fermo che si è al di fuori del carattere di urgenza dell’intervento, che rendesse impossibile acquisirne il consenso, è stata negata alla ricorrente:aa) innanzitutto la possibilità di autodeterminarsi e, quindi, di decidere se sottoporsi all’intervento estensivo con le sue conseguenze sulla sua funzionalità fisica oppure, posta nella prospettiva di subire la progressione del tumore negli organi che poi le sono stati asportati e le conseguenze di essa, di subirle;bb) in secondo luogo la possibilità di compiere tale scelta in modo meditato;cc) in terzo luogo di compierla sentendo altre strutture mediche;dd) in quarto luogo di eventualmente "abituarsi", proprio in dipendenza dei risultati acquisiti nello spazio temporale dello spatium deliberandi che le è stato negato, all’idea di dover subire gli interventi demolitori poi eseguiti e, quindi, di acconsentirli. La sentenza impugnata è, conseguentemente cassata sia nella parte in cui ha ritenuto che un consenso fosse stato prestato, sia nella parte in cui, pur per il caso che consenso non vi fosse stato, ha escluso che si configurasse un illecito da violazione del diritto al consenso informato della S.D per il fatto che l’intervento eseguito sulla sua persona si fosse rivelato utile

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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