L’1 e 2 ottobre scorsi nell’Aula Magna Università di Sassari, il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Sassari, il Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità e dalla Fondazione Internazionale Menarini hanno realizzato "Genes, Drugs and Gender", convegno seguito da un gran numero di medici e studenti.
Il tema assume particolare rilievo dopo l’assegnazione del premio Nobel per la Medicina per lo studio della longevità e della funzione di telomeri e telomerasi.
"Nel nostro convegno – ci dice Flavia Franconi, ordinario di Farmacologia Cellulare alla facoltà di Sassari e curatrice dell’evento – abbiamo affrontato tematiche che partivano dal laboratorio per arrivare al letto del paziente. L’apparato cardiovascolare ha avuto un particolare spazio, perché malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte anche per le donne, anche se le donne non lo sanno".
"In questo specifico ambito – continua la Franconi – Marianne Legato, una delle madri della medicina di genere, ha evidenziato come le basi delle differenze di genere risiedano principalmente nella epigenetica che mette fine alla dicotomia genere e sesso. Ritengo che sia giunto il momento di usare un acronimo GENS dove genere e sesso sono ambedue rappresentate. Pieno di interrogativi è il tema della prevenzione primaria soprattutto per quanto riguarda la terapia ipolipedemizzante. Anche la terapia rigenerativa con le cellule staminali dovrà tener conto delle differenze di genere Abbiamo parlato di longevità e destino cellulare perché non possiamo dimenticare che le donne hanno una aspettativa di vita maggiore rispetto agli uomini. I centenari, dapprima soprattutto donne, negli ultimi anni sono aumentati in ambedue i generi. Sono mitocondri e risposta infiammatoria ad avere un ruolo nella longevità e nelle differenze di genere"
"Altro tema centrale – spiega la Franconi – è quello del destino cellulare: lo stress ossidativo, stimolo alla base di numerose patologie (infarto, diabete, processi neurodegenerativi, invecchiamento, infiammazione) produce risposte diverse nell’uomo e nella donna. In condizioni basali le cellule femminili sono più protette dai ROS (specie reattive dell’ossigeno), sia perché ne producono meno, sia perché hanno più difese. Quando le cellule vengono esposte a stress ossidativo le differenze di genere si amplificano, essendo le cellule maschile più suscettibili alla morte cellulare programmata definita anoikis".
"L’impressione riportata alla fine del convegno è che si sia incominciato a spezzare il pregiudizio – conclude la Franconi – anche se, come dice Alfred Einstein, “E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. La chiave è stata infilata nella toppa, ma la strada per arrivare all’apertura è ancora lunga, sebbene sia a livello sperimentale sia clinico ed epidemiologico siano presenti evidenze ben documentate delle differenze. Queste evidenze però sono ancora frammentarie, non permettono sviluppo globale e regole generali che potrebbero facilitare la nostra conoscenza. Credo che per parlare di equità della cura sia necessario arrivare ad una medicina basata sull’evidenza anche nella donna.
Al 34° Congresso della Società Italiana di Farmacologia che si terrà a Rimini dal 14 al 17 ottobre vi sarà una tavola rotonda dal titolo Genere ed equità della cura.
Autore: Redazione FNOMCeO