Nei giorni scorsi è stato assegnato il premio Nobel per la Medicina a tre statunitensi, di cui due sono donne (leggi qui per approfondire). Si tratta di Elizabeth H. Blackburn e Carol W. Greider che – insieme a Jack W. Szostak – hanno effettuato anni di studi per arrivare al risultato: la scoperta del meccanismo protettivo dei cromosomi e della funzione di telomeri e telomerasi.
La redazione del portale ha voluto intervistare sull’assegnazione di questo importante riconoscimento Roberta Chersevani, coordinatrice della Commissione Pari Opportunità della FNOMCeO.
Dottoressa Chersevani, Nobel per la Medicina a due donne: la Commissione Pari Opportunità della Federazione come ha reagito?
La Commissione Pari Opportunità della FNOMCeO ha nel tempo modificato il suo
ruolo e – in considerazione dell’evidente incremento di donne in campo
medico, soprattutto nelle fasce di età più giovani – si è costituita in un
“Osservatorio sulla femminilizzazione della professione medica” con il
compito di monitorare questo cambiamento e ricercare i correttivi che
possano aiutare le donne a fare questo mestieresenza rinunce.
Aleggia comunque all’interno del gruppo uno spirito di “pari opportunità”,
che si rallegra quando vede donne emergere.
Anche lo scorso premio Nobel del 2008 ha visto premiata una donna Francois
Barrè-Fitoussi, virologa all’Istituto Pasteur. Se pensiamo che dalla
fondazione del premio, e fino allo scorso anno, le scienziate erano poco più
di una
decina – con Maria Curie premiata due volte -, tre donne in due anni sono
veramente un successo.
Molti si sorprendono nello “scoprire” che una grande fetta di ricercatori è composta da donne: c’è ancora molta ignoranza sul ruolo femminile nella Ricerca e nella Sanità mondiale?
Che le donne stiano aumentando in campo medico credo sia ormai noto a
chiunque frequenti ambienti di salute.
Che siano presenti anche nel mondo dei ricercatori è meno noto, perchè
questi lavorano in silenzio, e compaiono poco, se non al momento della
pubblicazione dei risultati.
E’ stato dimostrato in molti paesi europei, che nella pubblicazione di un
lavoro scientifico il nome che compare per primo è quello di un uomo, anche
perchè è più facile che sia un uomo ad avere la direzione di un istituto.
Questo premio “femminile” potrebbe dare un impulso anche in Italia a scoprire le immense doti e qualità della Sanità al femminile?
Le doti e la qualità della sanità femminile sono già note se si considera
che le donne medico si laureano in tempi più brevi conseguendo voti più
alti.
Se nel tempo questa bravura sarà premiata dalla “meritocrazia “, le donne
saranno maggiormente presenti nei ruoli apicali. Mi piacerebbe avvenisse
davvero per merito e non per “consunzione” dei colleghi uomini.
Cosa manca all’Italia per un’effettiva situazione di “pari opportunità” nel settore Sanità e Ricerca?
Non credo sia un problema solo dell’Italia.
Da Radiologa sono socia della AAWR (American Association of Women
Radiologists) e vedo che la musica è la stessa.
Parimenti le stesse perplessità sulla carriera compaiono nei reports che
vengono prodotti sull’argomento nel Regno Unito.
Le donne valide ci sono, e quando emergono è perchè hanno fatto rinunce in
altri ambiti, o enormi fatiche per conciliare la loro vita privata e
lavorativa.
Autore: Redazione FNOMCeO