IRAP studi associati

Cassazione Civile Sent. n. 21164/16 – IRAP studi associati – “L’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché l’onere economico non sia di particolare importanza, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente, con la conseguenza che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all’Irap, a meno che il contribuente non dimostri che il reddito suddetto sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati, prova che nel caso in esame non risulta concretamente fornita".

FATTO E DIRITTO: Lo Studio Associato B. impugnava il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate sull’istanza di rimborso delle somme versate a titolo di Irap per gli anni dal 1999 al 2003. La C.T.P. di Gorizia respingeva il ricorso, con sentenza confermata dalla C.T.R. del Friuli Venezia Giulia, con la decisione in epigrafe. Per la cassazione di quest’ultima ha proposto ricorso il predetto studio associato, in persona dei suoi associati e legali rappresentanti, sulla base di sei motivi. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso. Osserva che, con riferimento all’ipotesi di attività svolta nell’ambito di studi associati, questa Corte (Sez. 5, ord. n. 2715 del 05/02/2008) ha affermato che il requisito dell’autonoma organizzazione sussiste solo quando il centro di interessi dotato di autonomia funzionale che caratterizza gli studi associati (stante il carattere strettamente personale e fiduciario dell’esercizio delle professioni) dia luogo ad un insieme di strutture "… di guisa che il reddito da sottoporre ad Irap sia stato almeno potenziato e derivato dalla struttura e non derivi dal solo lavoro professionale dei singoli". Rileva quindi che, nel caso di specie, tale requisito, almeno per gli anni 2000, 2002 e 2003, non esiste in quanto: a) ciascun professionista ha svolto la propria attività senza avvalersi degli altri associati, come dimostrato dal fatto che gli associati possiedono qualifiche professionali ben diverse tra di loro, non interscambiabili e rientranti anche in diversi codici di attività, con conseguente autorganizzazione individuale dell’attività propria di ogni associato; b) i compensi ricevuti per l’esercizio di funzioni di curatore fallimentare, sindaco ed amministratore di società derivano solo dal lavoro professionale dei singoli. Lamenta che su tali aspetti la C.T.R. non si è pronunciata o lo ha fatto in modo contraddittorio, affermando che "l’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché l’onere economico non sia di particolare importanza, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente, con la conseguenza che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all’Irap, a meno che il contribuente non dimostri che il reddito suddetto sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati, prova che nel caso in esame non risulta concretamente fornita". Sulla res controversa sono, infatti, intervenute, di recente, le Sezioni Unite di questa Corte le quali hanno affermato il seguente principio di diritto: "presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma dell’art. 3 del D.Lgs. n. 446/97, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni – essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione" (Sez. U, n. 7371 del 14/04/2016, Rv. 639175: principio affermato riguardo a società semplice esercente attività di amministratore condominiale, ma certamente estensibile, per espressa indicazione contenuta nella motivazione della sentenza, anche all’ipotesi, che nella specie ricorre, di esercizio in forma associata di attività libero professionale).Nella esposta prospettiva nessun rilievo può assumere la diversità delle competenze e professioni esercitate dagli associati, così come la diversità e autonomia della fonte dei rispettivi redditi degli associati, dal momento che l’unica prova contraria rilevante rimane non già l’assenza di un apparato organizzativo (in realtà sempre implicito nella struttura associativa dello studio) ma proprio l’assenza di una associazione. Prova che nella specie non risulta nemmeno ipotizzata, essendo anzi in radice contraddetta dalla stessa imputazione del ricorso e del debito d’imposta all’ente collettivo in cui si identifica per l’appunto lo studio associato. Il ricorso va pertanto rigettato, restando assorbite le restanti censure

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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