L’Associazione medici per l’ambiente, ISDE, ha promosso ad Arezzo il workshop nazionale "Mutamenti climatici e danni alla salute: il ruolo delle città e dei territori". La due giorni giunge dopo un periodo di grande presenza per l’Associazione, che già nel Settembre ha promosso un 2009 un workshop nazionale con il riconoscimento di FNOMCeO su “Clima, Ambiente e Salute”, ha predisposto un “appello dei medici, ricercatori e scienziati italiani per il controllo dei cambiamenti climatici” presentato alla 15° conferenza delle Parti – COP 15 svoltasi a Copenhagen nel Dicembre 2009 e più recentemente ha promosso a Parma (nel Marzo 2010), in occasione della 5° Conferenza Ministeriale su Ambiente e Salute, un workshop su “Ambiente, Salute e Mutamenti climatici: azioni integrate tra Comuni e medici del territorio”. Per presentare la due giorni aretina (promossa anche da Comune di Arezzo, Rete Italiana Città Sane, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Centro Francesco Redi e “In Marcia per il Clima”), abbiamo intervistato Roberto Romizi, presidente di ISDE.
Presidente Romizi: tra pochi giorni ad Arezzo si parlerà di mutamenti climatici e danni alla salute. Quale è il senso di questa iniziativa ISDE?
Lancet, in collaborazione con l’University College London Institute for Global Health Commission, ha pubblicato un ampio e dettagliato Rapporto su come affrontare le conseguenze sulla salute provocate dai cambiamenti climatici. Nel rapporto si afferma “I cambiamenti climatici sono la più grande minaccia globale nei confronti della salute del 21° secolo”. La suddetta affermazione del Lancet apre e riassume la monografia, frutto del lavoro congiunto di scienziati provenienti da molteplici discipline. Il Rapporto indica le sfide decisive che devono essere affrontate se non si vuole che i cambiamenti climatici diventino una catastrofe e tra queste c’è la questione di come convincere le nostre istituzioni a fare dei cambiamenti climatici una priorità, com’è necessario che sia. Obiettivi principali del convegno sono creare un’occasione di dibattito e di condivisione delle conoscenze su questo tema di crescente rilievo in sanità pubblica e contribuire a promuovere la multidisciplinarità e la promozione della salute in tutte le politiche, promuovendo la salubrità ambientale e la salute pubblica e prevenendo le patologie connesse ai cambiamenti climatici e alle criticità ambientali in generale.
Ad Arezzo si sottolinea, quindi, soprattutto il rapporto tra ambiente e ruolo delle città?
Le città d’Europa, grandi concentrazioni di attività umane, consumano circa il 70% del fabbisogno energetico del continente, e quindi producono la maggior parte delle emissioni di gas serra. Una città da sola non può affrontare la sfida del cambiamento climatico, ma lavorando insieme, proprio le città stanno sviluppando azioni congiunte.
In questo settore, Londra è protagonista…
La capitale britannica ha preso la direzione politica del cambiamento climatico tra le grandi città: è leader nel gruppo delle C40 Large Cities. Il Patto dei Sindaci è l’iniziativa più ambiziosa della Commissione europea, che coinvolge città e cittadini nella lotta contro il riscaldamento globale. Le autorità locali e regionali che aderiscono a questo patto si impegnino formalmente a ridurre le loro emissioni di CO2 di oltre il 20% entro il 2020. Per fare ciò, esse devono sviluppare e attuare piani d’azione per l’energia sostenibile e coinvolgere tutti gli attori, compreso il mondo medico.
Dopo la conferenza di Copenhagen, costa sta accadendo a livello mondiale in tema di rapporto clima-salute?
Nel Dicembre 2009 si è tenuta a Copenhagen la 15a Conferenza delle Parti – COP15, promossa dall’ONU per una convenzione internazionale sul clima. A Copenhagen si è raggiunto un accordo parziale, che dovrà essere rivisto e completato nel prossimo COP16 a Cancun per l’immediata adozione di un approccio globale e sistematico ai cambiamenti climatici, guidato e reso effettivo dai governi tramite un patto internazionale concordato.
A Copenhagen l’OMS aveva lavorato per raggiungere quattro obiettivi: aumentare la consapevolezza globale sui temi dei cambiamenti climatici, dell’emissione dei gas serra; per dare rilievo alla questione sanitaria legata alla riduzione dei gas serra in tutti i settori a livello nazionale, regionale e internazionale; promuovere e supportare la creazione di evidenze scientifiche; rafforzare i sistemi sanitari per superare le minacce per la salute create dai cambiamenti climatici.
Un accordo ambizioso, vincolante e globale. Questo era l’esito atteso dalla 15a riunione delle parti contraenti della Convenzione sui cambiamenti climatici tenutasi a Copenhagen.
E invece?
Il risultato di tutto questo sforzo è invece finito in 12 scarni paragrafi sottoscritti da appena 28 delle 192 parti contraenti. Un accordo di massima e non vincolante che si limita a riscrivere quanto già comparso in diversi documenti. Il 6 Giugno 2010 si è aperta a Bonn la prevista Conferenza-Quadro delle Nazioni Unite (UNFCCC), tappa intermedia e ultima per le negoziazioni che si svolgeranno alla Conferenza di Cancun (COP 16) su tutto quanto Copenaghen ha rinviato. L’obiettivo era di formulare proposte, sulla linea dell’Accordo di Copenaghen, relativamente a Protocollo e post-Protocollo di Kyoto, alle azioni cooperative da realizzare, ai meccanismi di finanziamento a medio e lungo termine. Dopo il fallimento del COP 15 di Copenaghen, che ha dimostrato tutta l’incapacità dell’attuale “governance” globale ad affrontare le crisi, il prossimo appuntamento a Cancun potrebbe segnare una tappa decisiva in cui i movimenti e i popoli del mondo, ma anche le reti di medici, scienziati e ricercatori, devono poter giocare un ruolo centrale.
Ad Arezzo saranno presenti molti referenti italiani del progetto "Città san": a che punto è questa iniziativa internazionale?
L’OMS è nato nel 1946, la Dichiarazione HFA (Health for All) sul benessere e i diritti c’è da più di 30 anni, il Movimento “Città Sane” c’è da oltre 20 anni. Il concetto di “Salute in tutte le Politiche locali” è emerso durante la presidenza finnica dell’Unione Europea. Ad Adelaide, in Australia, nel 2010 c’è stato il “Meeting globale sulla salute in tutte le politiche” (13 – 15 aprile): ne è uscita una Dichiarazione in cui la VIS (valutazione di impatto di salute) è considerata uno strumento essenziale. La salute in tutte le politiche deve diventare un nuovo modo di governare le politiche per la salute nel nuovo secolo, che permetta di passare dalle azioni intersettoriali alle azioni congiunte, con lo scopo di ridurre le disparità.
Occorre tracciare una breve sintesi di quanto è avvenuto nell’OMS Europeo nell’ultimo
anno, da quanto si è aperta la quinta fase del Progetto Città Sane: l’impegno per la quinta fase deve tradursi in azioni concrete che rendano reale l’equità nelle politiche per la salute e la salute in tutte le politiche atraverso un approccio multi – settoriale che affronti le disuguaglianze di salute a tutti i livelli. È cresciuta sempre di più la tematica della salute urbana. Vale la pena di ricordare che su queste tematiche si terrà convegno mondiale promosso dalla Società Internazionale della Salute Urbana dal 27 al 30 ottobre 2010 a New York.
In questo autunno le attività ISDE sono particolarmente ricche di proposte fino ad arrivare al Convegno nazionale di Arezzo "Giornate Italiane Mediche dell’Ambiente – Origene epigenetica delle malattie dell’adulto" (17-19 settembre 2010). Quali sono gli attuali obiettivi dell’Associazione?
Con l’iniziativa in oggetto ISDE si ripropone prioritari obiettivi scientifici. Lo studio dell’esposizione delle popolazioni a diverse fonti e tipologie di agenti inquinanti, chimico-fisici e biologici, rappresenta il principale oggetto di studio dell’epidemiologia ambientale. Ancora sottovalutata è l’esposizione degli organismi in via di sviluppo. Dovrebbe essere ormai chiaro come il target più sensibile degli inquinanti ambientali siano le cellule in via di differenziazione, dotate di un assetto genomico ancora "fluido": le cellule staminali dei tessuti degli adulti che possono degenerare in senso neoplastico e le cellule embrionali e fetali e i gameti, esposti a quantità minime, ma quotidiane, di agenti e fattori esogeni, che forzano il loro (epi)genoma a trasformarsi.
L’anticipazione nel tempo e l’espansione pandemica di malattie immunomediate, endocrino-metaboliche; neurodegenerative e neoplastiche potrebbe essere il prodotto di una trasformazione ambientale eccessivamente rapida. Il costante incremento di neoplasie della primissima infanzia, sempre più chiaramente connesso all’esposizione transplacentare e transgenerazionale ad agenti chimici e fisici in grado di indurre modifiche epigenetiche e genetiche rappresenta forse l’effetto più esemplificativo e drammatico della trasformazione in atto. Per questi motivi sarebbe importante adeguare le attuali metodologie di valutazione epidemiologica e tossicologica del rischio, ancora insufficienti a comprendere la Rivoluzione Epidemica in atto.
Autore: Redazione FNOMCeO